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ENERGIE

Fonti rinnovabili, il sud deve contare di più nella geopolitica dell’energia

In 10 anni il sud Italia ha enormemente aumentato la propria produzione di energia rinnovabile ed ora rifornisce il resto dello stivale con oltre 13 TWh all’anno. Per questo il sud dovrebbe essere “ricompensato” con opportuni (e ben controllati!) investimenti per migliorare la qualità della vita.

In 10 anni molto è cambiato nella produzione di energia elettrica n Italia, anche a livello regionale. Il Sud con le isole, che nel 2003 produceva 88 Twh (31% del totale nazionale), oggi è a 116 TWh (38%).

Come si vede dalle due mappe qui sopra, tratte dai rapporti mensili di Terna, poiché in questi anni i consumi meridionali sono cambiati di poco, ora c’è un abbondante flusso di energia dal sud al centro Italia: 9,1 TWh nei primi 8 mesi del 2013, circa 13 TWh su base annua.

Poichè i consumi nell’Italia centrale sono anch’essi cambiati di poco, questa “importazione” di energia è andata a compensare un calo nella produzione termoelettrica pari a circa 17 TWh, mentre al sud la produzione da fonti fossili è rimasta invariata.

In base a questi dati, vengono spontanee due domande, che Bertolt Brecht avrebbe definito da “lettore operaio”:

Primo: in che modo il Sud viene “ricompensato” dal fatto di contribuire in misura maggiore di prima al “funzionamento” dell’Italia? Non dovrebbe contare un po’ di più nella geopolitica dell’energia? C’è qualcuno che lo sta dicendo pubblicamente? (1)

Secondo: chi ha deciso che la minore produzione termoelettrica (con relativo inquinamento) dovesse avvenire solo in centro Italia e non anche al sud? Perchè il sud (Taranto in testa) non dovrebbe beneficiare anch’essa della miglioramento della qualità dell’aria?

(1) Chi scrive è nato, vive e lavora al nord, per cui non può essere sospettato di campanilismo.

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