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ENERGIE

Trivelle sul vulcano sommerso Marsili: energia geotermica dal fondo del Tirreno

Il progetto di una società marchigiana: “bucare” i vulcani sommersi per produrre energia geotermica

Il fronte delle trivelle nel sud Italia continua a provocare un serratissimo, e legittimo, dibattito pubblico sulle opportunità rappresentate dai nuovi ritrovati della tecnologia ingegneristica: l’ultima idea è quella di sfruttare l’energia geotermica del vulcano Marsili, il vulcano attivo più grande d’Europa che si trova sul fondo del mar Tirreno.

Il Marsili è un vulcano appartenente all’arco insulare eoliano: si trova sommerso a 140 km a nord della Sicilia ed a circa 150 km ad ovest della Calabria. Ve ne abbiamo parlato nel gennaio scorso, quando alcuni ricercatori del CNR ne hanno denunciato la pericolosità, dovuta al rischio potenzialmente esplosivo rappresentato dal vulcano, la cui base si trova a 3500m sotto il livello del mare, mentre la sommità a circa -450m.

Il gigante sottomarino a metà strada tra Basilicata e Sicilia rappresenterebbe un potenziale rischio ma anche un goloso bacino energetico: l’acqua marina che si infiltra all’interno del vulcano, spiegano gli esperti alla Gazzetta del Mezzogiorno, si surriscalda raggiungendo temperature di 400 gradi e pressioni superiori a 200 bar acquistando così un potenziale calorifero che può essere trasformato in energia elettrica.

L’energia prodotta dal Marsili potrebbe essere paragonabile a quella prodotta da un’impianto nucleare di medie dimensioni. La società Eurobuilding Spa di Servigliano (Fermo) ha messo al centro delle sue attenzioni proprio il vulcano Marsili: la società è oggi in attesa di ottenere dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare parere positivo di VIA (Valutazione d’impatto ambientale) per la perforazione del pozzo esplorativo Marsili 1.

Sarebbe questo il primo pozzo geotermico off-shore nella storia dell’ingegneria energetica.

Il progetto, presentato al Ministero dello Sviluppo economico nel 2006 ed ottenuto un permesso di ricerca esclusivo per l’area 2009 prevede, entro il 2015, la creazione di 4 piattaforme estrattive per una produzione totale di circa 1000 megawatt di energia geotermica: 4,4 TWh (terawattora) capaci di alimentare una città di 700 mila abitanti.
La fase esplorativa prevede la costruzione di una prima piattaforma di trivellazione, con un pozzo pilota che dovrebbe arrivare ad una profondità di 800 metri per scendere all’interno del vulcano fino a 2 chilometri della sua altezza.

Un progetto simile fu proposto a largo di Bagnoli, Napoli, diversi anni fa. A ricordarlo è il professor Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore presso l’Osservatorio Vesuviano, intervistato il 9 maggio scorso da Maurizio Bolognetti su Radio Radicale:

“Anni fa ci fu, a breve distanza di tempo, l’annuncio di un ricercatore di grande fama sull’estrema pericolosità proprio del vulcano Marsili, che poteva causare uno tsunami, un maremoto, nel Tirreno: onde di decine di metri che potrebbero devastare le coste tirreniche in caso di eruzione o collasso sottomarino. Poco tempo dopo mi sorpresi perchè ci fu l’annuncio di un progetto di trivellazione su questo vulcano instabile. Uno dei rischi maggiori dei vulcani sottomarini, lo abbiamo verificato nell’emergenza Stromboli del 2002/2003, quando si verificò una piccola frana di decine di milioni di metri cubi che causò un maremoto con onde fino a 12 metri. In pochi minuti può finire in acqua uno spicchio di vulcano con un volume di migliaia di metri cubi. […] Per il Marsili si parlava di “rischio di instabilità” del vulcano e, poco dopo, si fece il progetto di perforazione, un evento di per sè destabilizzante delle formazioni geologiche. […] Non possiamo andare a bucare dove ci pare.”

E’ effettivamente curioso che, mentre ricercatori e studiosi comincino a denunciare la pericolosità del Marsili, il quale, spiegava al Corriere della Sera nel 2011 Franco Ortolani, ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università Federico II di Napoli), ha già causato maremoti nel recente passato, ci sia chi pensa a come trarre profitto prima che di come mettere in sicurezza il territorio marittimo.

La totale assenza di misure di monitoraggio e prevenzione delle attività vulcaniche sottomarine infatti è la vera priorità sul vulcano Marsili, prima ancora che il suo sfruttamento energetico: in materia di messa in sicurezza il “caso emiliano” è ancora troppo fresco per essere dimenticato.

maratea

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