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Referendum trivelle 17 aprile: minoranza Pd e Legambiente contro Renzi

La minoranza del Partito Democratico e la principale associazione ambientalista all’attacco del Presidente del Consiglio

Il Governo Renzi ha una sola priorità: proteggere gli interessi dei grandi potentati economici, progettare un’economia nella quale vengano privilegiati i profitti e i bilanci delle grandi aziende private che ne hanno caldeggiata l’ascesa politica o che alla sua presa del potere si sono disinvoltamente adeguate. Va dato atto a Matteo Renzi di non fare nulla per nascondere quali siano i suoi reali obiettivi.

Una delle urgenze della sua agenda è neutralizzare il referendum anti-trivelle del prossimo 17 aprile, quello che chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza alcun limite di tempo. Nonostante le società petrolifere non abbiano più la possibilità di richiedere in futuro nuove concessioni, le ricerche e le attività petrolifere in corso non avranno più scadenza qualora dovesse vincere il no o non fosse raggiunto il quorum.

Ecco che cosa dice il testo:

“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?”

Chi vuole esprimersi contro le trivellazioni deve votare SÌ.

Come tutti i referendum è vitale il raggiungimento del quorum ed è proprio in questo senso che Renzi ha lavorato e sta lavorando per tutelare gli interessi dell’industria energetica italiana: prima il referendum è stato disgiunto dal voto delle amministrative previsto fra fine maggio e inizio giugno (con 350-400 milioni di euro di costo aggiuntivo per lo Stato), poi il Presidente del Consiglio ha deciso di spingere per l’astensionismo.

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Come dimostra il referendum del 2011 su acqua e nucleare quando in gioco c’è l’ecologia chi va a votare sceglie l’opzione più sostenibile, quindi la politica che voglia sostenere gli interessi del capitale privato non può che spingere per l’astensionismo e mettere la sordina al referendum grazie ai media più compiacenti. È questo che sta facendo Matteo Renzi, così come il Governo di Silvio Berlusconi aveva fatto tutto il possibile affinché saltasse il quorum nei referendum di cinque anni fa.

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Dopo che un documento dell’Agcom ha certificato come il Partito Democratico abbia assunto una posizione astensionista, nel partito di Renzi è ricominciata la maretta. La minoranza è insorta chiedendo chi abbia deciso per l’opzione astensionista. I vicesegretari del Pd, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, hanno commentato:

“Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più restrittiva di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale. Serve solo a dare un segnale politico, come hanno spiegato i promotori. E costerà 300 milioni agli italiani”.

Guerini e Serracchiani anche aggiunto come il referendum non potesse essere accorpato alle comunali. La decisione non è stata presa collegialmente e questo ha fatto insorgere la sinistra dem. Da Roberto Speranza a Davide Zoggia, fino a Gianni Cuperlo si sono sollevate numerose voci di dissenso.

“È davvero surreale che il partito che governa il Paese si trinceri dietro il vecchio detto ‘non vedo, non sento, non parlo’. I petrolieri ringraziano”

è il commento di Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sinistra italiana.

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Anche Michele Emiliano, presidente Pd della Regione Puglia, conferma la sua posizione contraria alle trivellazioni.

Io e @BarackObama siamo contro le trivellazioni petrolifere marine. Il PD italiano che fa? Il 17 aprile vota SI,

il tweet con cui prende le distanze dal suo partito, anche se la sua indicazione di voto dopo il punto interrogativo si presta a fraintendimenti, visto che potrebbe sembrare una risposta alla precedente domanda retorica.

Anche il presidente della Regione Basilicata, Piero Lacorazza, ha commentato dicendo che un referendum non è mai inutile.

“E’ scandaloso che il partito democratico si sia iscritto tra i soggetti politici che faranno campagna per l’astensione al referendum del 17 aprile. C’è qualcosa che non funziona nel fatto che il partito del presidente del Consiglio inviti pubblicamente gli italiani a non recarsi alle urne”,

è il commento di Rossella Muroni, presidente di Legambiente.

“Anche noi avremmo preferito che questo referendum non avesse luogo. Per evitarlo sarebbe bastato un intervento del governo che andasse incontro alle richieste delle Regioni che hanno promosso la consultazione. Ora, dopo la carta del silenzio sull’indizione del referendum e la valenza del quesito, si gioca quella dell’astensione. Evidentemente spaventa il lavoro d’informazione che, faticosamente, il fronte del Sì sta portando avanti sul territorio sull’assurdità di togliere la scadenza alle concessioni già rilasciate per l’estrazione e la ricerca di gas e petrolio nel nostro mare entro le 12 miglia, per dare agli italiani la possibilità di scegliere con conoscenza di causa. Noi al governo continuiamo a chiedere dov’è il piano energetico nazionale che ci consentirà di rispettare gli impegni internazionali sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di andare verso un futuro 100% rinnovabile. Magari ora il Pd ce lo dirà in tv”,

conclude Muroni.

Via | AgCom | Repubblica | Legambiente

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