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Nucleare

Chernobyl 30 anni dopo il disastro nucleare

L’incidente del 26 aprile 1986 è una ferita ancora aperta

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26 aprile 2016 –Sul sito del Cremlino è stata pubblicata una nota ufficiale con la quale il presidente russo Vladimir Putin ha voluto ricordare il disastro avvenuto a Chernobyl il 26 aprile 1986. Putin ha parlato di

“importante lezione per tutto il genere umano” e ha sottolineato come “le dimensioni della tragedia sarebbero potute essere incommensurabilmente maggiori, se non fosse stato per il coraggio e la dedizione dei vigili del fuoco, del personale militare e sanitario”.

25 aprile 2016 – C’è un prima e c’è un dopo Chernobyl. Quello che accadde all’1.23 del 26 aprile 1986 fa parte della storia di ognuno di noi, è un ricordo ancora vivido. Chi scrive – all’epoca decenne – si ricorda l’apprensione con la quale si vissero quei giorni, i telegiornali che aprivano con le notizie provenienti dall’Unione Sovietica, i timori degli adulti e gli articoli di giornale che cercavano di fare chiarezza sui fatti. L’incidente di Chernobyl fu l’inizio della fine dell’elettronucleare in Italia. Un anno dopo fu indetto un referendum e l’onda emotiva suscitata dal disastro in Ucraina diede una spallata decisiva al nucleare.

Che cosa successe alla centrale nucleare V.I. Lenin? Le cause del disastro furono dovute a gravi mancanze del personale, sia tecnico che dirigente, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’impianto. Nel corso di un test di sicurezza la negligenza del personale portò a un brusco e incontrollato aumento della potenza e della temperatura del nocciolo del reattore n. 4 della centrale. Questa situazione determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a pressioni così elevate da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. A provocare lo scoppio che scoperchiò il reattore fu il contatto dell’idrogeno e della grafite con l’aria.

In pochi minuti una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì e ricadde sulle aree situate nei dintorni della centrale contaminandole pesantemente.

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La nube radioattiva si espanse in tutta l’Europa Orientale, in Finalndia e in Scandinavia, ma, anche se in misura minore, furono toccate anche Italia, Francia, Germania, Svizzera, Austria e persino porzioni dell’East Coast statunitense.

I morti accertati furono 65, ma si stimano in 6000 i casi di tumore alla tiroide fra i bambini che avevano fra i 0 e i 18 anni al momento del disastro secondo l’Unscear. Secondo la Iarc i casi complessivi di cancro sono stati 25mila. Circa 116mila persone dovettero abbandonare le aree in prossimità della centrale e – come si vede nelle immagini della fotogallery d’apertura – la natura ha ripreso possesso di Chernobyl sia in termini di fauna che di flora. Il rilascio di radioattività fu 400 volte più potente di quello della bomba sganciata su Hiroshima nell’agosto 1985.

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Intanto il sarcofago realizzato dopo l’incidente resta una ferita aperta: il reattore fuso continua a bruciare a mille gradi e sta facendo sprofondare il sarcofago. Il prossimo anno dovrebbe essere pronto un nuovo sarcofago che potrà reggere 70 o 100 anni, un modo per differire un problema attualmente irrisolvibile in maniera definitiva.

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