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ECOLOGIA

Elezioni 2013, il caso Puglia: è fallita l’ecologia di Vendola?

Le elezioni 2013 segnano davvero la fine dell’ecologismo di Vendola? Cerchiamo di capire perchè in Puglia Sel ha perso metà dei voti

Non è intenzione mia tediare i lettori di Ecoblog con analisi politiche massimaliste sui risultati clamorosi di queste elezioni 2013, che abbiamo potuto seguire grazie al certosino lavoro dei colleghi di Polisblog: tuttavia ritengo personalmente interessante cercare di analizzare le scelte politiche di queste elezioni, cercando di comprendere il perchè dell’incertezza del risultato elettorale.

C’è, a parere di chi scrive, un dato elettorale piuttosto emblematico sul quale la politica dovrebbe soffermarsi, indipendentemente dal colore, per una riflessione accorata: quello della Regione Puglia. Governata dal leader di Sinistra Ecologia e Libertà Nichi Vendola dal 2010, la Puglia è la Regione italiana che, a sorpresa, ha fatto registrare il maggior calo di voti per il Partito Democratico: –44,8%, 330mila voti circa, secondo quanto diffuso dall’Istituto Cattaneo.

Una debacle che, forse, si spiega emblematicamente con un nome: Ilva.

In Puglia il Pdl si è infatti imposto di misura sia alla Camera che al Senato e Sel, il partito di matrice comunista/ecologista di Nichi Vendola principale alleato del Pd, ha raggranellato uno scarno 6,54% (la metà dei voti presi nell’elezione regionale del 2008).

Si può affermare dunque che i cittadini pugliesi hanno votato contro il loro governatore, che ha fatto della sanità e dell’ambiente le due ragioni primarie della sua candidatura e le due spinte principali per l’operato della sua giunta. Tralasciando l’aspetto meramente sanitario, sul piano ambientale pensare alla Puglia porta immediatamente a Taranto, dentro il colosso siderurgico dell’Ilva.

Certo, giustificare il risultato elettorale nel lassismo che la Regione Puglia ha garantito nei trascorsi 30 anni (ultimi 3 inclusi) sul problema Ilva è riduttivo, ma è plausibile pensare che il colosso siderurgico più grande d’Europa, che nutre una larghissima parte dell’economia della Provincia di Taranto (più di 500mila abitanti), abbia avuto un certo peso in termini elettorali per Sel (nonostante il sindaco Ippazio Stefàno sia al secondo mandato, rieletto meno di un anno fa con quasi il 70% è in Consiglio Comunale dal 1982).

Il pasticciaccio a cui stiamo assistendo nel capoluogo pugliese, di risonanza nazionale ed internazionale per gli effetti che una chiusura di Ilva avrebbe sul mercato europeo dell’acciaio, è figlio anche delle non-scelte, e delle promesse, del governatore Nichi Vendola, che ha rischiato il pastrocchio completo anche nel ramo sanità, dismettendo quella pubblica tarantina in favore del clamoroso progetto San Raffaele del Mediterraneo (oggi San Cataldo), fallito miseramente con la morte di don Verzè e l’esplosione dello scandalo San Raffaele.

Vendola aveva promesso il monitoraggio in continuo dei camini dell’Ilva, pena la chiusura, cosa avvenuta solo grazie ai custodi giudiziari nominati dal gip di Taranto Patrizia Todisco; aveva promesso tutela ambientale, dei posti di lavoro, le bonifiche delle acque e dei terreni ma nulla o troppo poco, com’è noto ed evidente nei risultati elettorali, è stato fatto; la situazione ha rischiato di sfuggire completamente dalle mani della Regione Puglia, cosa che ha costretto il governo ad intervenire con decreti d’urgenza sui quali i profili di incostituzionalità sono più che fondati (e sarà la Corte Costituzionale a doversi pronunciare).

A Taranto sono arrivati a proibire la vendita delle cozze (imbottite di diossina), che sarebbe un po’ come proibire a Napoli la vendita dei friarielli, a Roma quella dei carciofi, a Parma quella del prosciutto crudo: la famosa ‘pancia’ della città, in tal senso, ha visto togliersi non una tradizione ma un vero e proprio stile di vita (attenzione, qui si ragiona in termini elettorali e non ambientali: è chiaro che l’inquinamento da diossina ha imposto il divieto di commercio, solo che in origine nessuno ha fatto rispettare il divieto di emettere così tanta diossina).

Eppure, a fronte di un’emergenza ambientale, prima che industriale, il governatore Vendola non ha disdegnato interviste tuttapostiste sul giornale Il Ponte, edito da Ilva Spa.

Ma non c’è solo l’Ilva in Puglia: ci sono le centrali a carbone (la centrale Enel di Brindisi Sud-Cerano è la più inquinante d’Italia, con 13 milioni di tonnellate di Co2 emesse ogni anno, la centrale Edipower di Brindisi nord ne emette 1,8 milioni di tonnellate, la centrale Edison a gas di altoforno a Taranto ne emette 5,9 milioni), le discariche abusive e lo smaltimento illecito dei rifiuti, gli inceneritori targati Marcegaglia. La Puglia, secondo una recente relazione dell’Arpa,

è la regione con le maggiori immissioni in atmosfera di carattere industriale per varie sostanze inquinanti a livello nazionale.

L’Arpa Puglia ha rilevato un peggioramento nel 2012 rispetto al 2011: gli inquinanti più presenti sono gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), gli ossidi di azoto (NOx), il monossido di carbonio (Co) e le polveri sottili (Pm10 e Pm2,5), una situazione definita ‘la peggiore d’Italia’ dall’Arpa.

Il gioco sporco sulle normative ambientali e sulle bonifiche è emerso chiaramente grazie alle intercettazioni di alcuni dirigenti Ilva, che hanno aggravato lo scandalo ormai decennale rappresentato dal colosso siderurgico: sui pugliesi quelle intercettazioni hanno avuto lo stesso effetto di quella, un po’ più nota, di alcuni imprenditori compiaciuti dopo il terremoto a L’Aquila.

Tutto questo in una Regione che continua a perdere abitanti, sopratutto giovani, costretti da un mercato del lavoro ormai inesistente (almeno quello emerso) ad emigrare.

C’è poi l’annosa questione energie rinnovabili: è innegabile, sotto questo punto di vista, che la presidenza di Vendola abbia dato una spinta consistente al mercato delle rinnovabili; secondo molti troppo consistente. La legge regionale che regola gli impianti fotovoltaici infatti ha incentivato molti proprietari terrieri ad una scelta ‘di campo’: mantenere olivi e vigneti, che rendono sempre meno ma che rappresentano l’orografia classica del territorio pugliese, o sostituirli con pannelli in silicio più redditizi?

La risposta è piuttosto ovvia, ma le conseguenze sul territorio (in termini orografici e di occupazione) sono state abbastanza negative: ci sono oggi veri e propri campi di silicio che hanno modificato nella sostanza il paesaggio cosa che, in termini di turismo, mostrerà i suoi effetti negli anni a venire.

La questione eolico è invece più complicata: la Puglia è oggi la regione italiana che produce più energia grazie al vento, eppure anche qui la discussione risulta essere piuttosto aperta, come abbiamo evidenziato anche noi di Ecoblog.

Se osserviamo la Puglia su una cartina notiamo che somiglia ad una lingua di terra distesa tra due mari: secondo l’ultimo rapporto di Goletta Verde, presentato a Roma l’estate scorsa, di 20 punti di mare analizzati in territorio pugliese, 10 sono risultati ‘fortemente inquinati’ e 3 ‘inquinati’.

La comunicazione, in materia ambientale, è fondamentale per far comprendere ai cittadini le scelte, giuste o sbagliate che siano: è evidente che, in un modo o nell’altro, questa comunicazione sia mancata durante la gestione Vendola della Puglia.

Questi aspetti, e forse qualche altro, possono essere portati sul piatto delle motivazioni di un risultato elettorale deludente, sopratutto per chi si fregia del termine ‘ecologia’ nel nome del proprio partito politico: dati alla mano Sel ha ottenuto in queste elezioni, dato pugliese, 144.373 voti a fronte dei 301.996 ottenuti solo 2 anni fa.

Occorre forse ripartire anche dalle politiche industriali ed ambientali con modifiche radicali e sostanziali di quelle applicate fino ad oggi a sinistra come a destra (allo stesso modo nel Lazio, oltre agli scandali finanziari, l’emergenza rifiuti non può non avere influito sul voto del finesettimana).

Foto | Sel

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