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Agricoltura

Rivolte per il cibo: peak oil e global warming le renderanno abituali

Le rivolte per il cibo potrebbero entrare nella normalità quotidiana se l’indice dei prezzi alimentari della FAO dovesse restare sopra a 210, soglia storica che ha fatto scattare le rivolte del 2008 e del 2011-2012

Le rivolte  per il cibo tra le popolazioni povere rischiano di entrare a fare parte della normalità della vita del pianeta. E’ quanto sostiene Nafeez Mosaddeq Ahmed, direttore dell’ IPRD, think tank inglese che si occupa di conflitti violenti e crisi globale, in un editoriale sul Guardian.

Come si può vedere dal grafico in alto, i prezzi alimentari seguono da vicino il prezzo del petrolio, il che è più che comprensibile se si pensa a quanto la filiera agroalimentare dipenda dai combustibili fossili (avevo già messo in luce questo legame nel gennaio del 2011, prima che scoppiasse la seconda ondata di rivolte).

Negli ultimi due anni il costo del greggio ha oscillato intorno ai 100 $/barile (curva nera) , mentre l’indice FAO dei prezzi alimentari (1) ha ballato tra 200 e 240, senza mai scendere sotto a 200, quindi molto vicino al valore di 210, che è considerata la soglia critica oltre la quale scoppiano le rivolte per il cibo, sulla base di uno studio statistico del New England Complex Systems Institute, come si può vedere anche dal grafico qui sotto.

In corrispondenza del picco acuto dei prezzi del 2008 ci sono state rivolte in 13 paesi, che hanno causato un centinaio di morti. Tra il 2011 e il 2012 le cose sono andate molto peggio: rivolte in 15 paesi con migliaia di morti: 300 in Tunisia e in Yemen, 800 in Egitto, 900 in Siria (2) e 10 000 in Libia.

Il cibo continuerà a restare caro e le rivolte tenderanno a diventare normalità quotidiana per due motivi:

(A) Il prezzo del greggio è destinato ad aumentare perchè il fenomeno del peak oil ci dice che è finita l’era del petrolio “facile”: i vecchi giacimenti migliori stanno riducendo la loro produzione o si stanno esaurendo, mentre il nuovo petrolio non convenzionale ha costi di estrazione (economici, energetici e ambientali) assai più alti.

(B) I cambiamenti climatici porterrano ad una riduzione delle rese agricole: se  qualcuno pensava che alle medie latitudini l’agricoltura avrebbe beneficato dall’aumento delle temperature, si è dovuto ricredere di fronte alla terribile siccità che nel 2012 ha colpito gli USA, la Russia e il Kazakhstan, riducendo il raccolto globale di cereali del 3% rispetto al 2011.

Questo è il brave new world che ci attende: meglio arrivarci preparati, prima di tutto mentalmente.

(1) L’indice FAO è una media dei prezzi globali di cereali, olii, carne, latticini e zucchero, normalizzato rispetto alla media del periodo 2002-2004. Detto altrimenti, il cibo a livello mondiale costa oggi il doppio rispetto a dieci anni fa.

(2) I morti siriani fanno riferimento al periodo 2011 2012, quando il conflitto nel paese arabo non aveva ancora raggiunto i livelli di oggi.

La foto che fa da sfondo al primo grafico è una immagine della rivolta per il cibo di Sidi Bouzid, Tunisia nel dicembre 2010, rivolta che ha dato il via alla rivoluzione tunisina che poi si è propagata in tutto il mondo arabo

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