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Energie rinnovabili

Fondato il Comitato nazionale contro il fotovoltaico ed Eolico nelle Aree Verdi

Emergenza ambientale e emergenza legale i due temi per cui si batte il neonato Comitato nazionale contro il fotovoltaico e eolico nelle aree verdi. Sotto tutela animali e biodiversità di parchi nazionali e aree protette.

E’ stato fondato da qualche giorno il Comitato nazionale contro il fotovoltaico ed eolico nelle Aree verdi. Com’è intuibile vi hanno preso parte tutte quelle associazioni che oramai da tempo si battono per evitare che impianti fotovoltaici e pale eoliche siano installate in aree vincolate e di interesse naturalistico e ambientale. L’espansione selvaggia di impianti dunque, rischia di rivelarsi una vera e propria emergenza ambientale e di legalità (Qui trovate il video degli interventi alla conferenza del Comitato dal titolo: Emergenza ambientale e di legalità da “Green Economy Industriale!)

impianto eolico San Giorgio La Molara (Bn)
impianto eolico San Giorgio La Molara (Bn) impianto eolico San Giorgio La Molara (Bn) impianto eolico San Giorgio La Molara (Bn) impianto eolico San Giorgio La Molara (Bn)
Vale la pena precisare che non ci troviamo di fronte a ecofissati del partito del No, ma a persone che hanno colto la necessità di regole anche in merito alle rinnovabili che pure restano uno dei sistemi migliori di produzione di energia pulita. Tra le adesioni al comitato sono giunte quelle di alcune sezioni di Italia Nostra, della Lipu e le Oasi WWF della Maremma. Insomma, quelle associazioni ambientaliste che si battono affinché neanche gli impianti di produzione da energie rinnovabili intacchino territorio, avifauna quali la Cicogna, il Nibbio reale o l’Aquila e paesaggi protetti.

Spiega Enzo Cripezzi di Lipu-BirdLife Italia (a sinistra nella foto) al Giornale del Cilento:

La vincolistica delle aree di tutela (Parchi, riserve, SIC, ZPS, ecc) fu configurata non prevedendo l’avvento di nuove minacce di particolare invasività come appunto l’eolico (i più grandi manufatti mai creati dall’uomo). Il paradosso è che le aree tutelate, ammesso che lo siano, stanno diventando “isole” assediate da queste piantagioni allucinanti che, indirettamente, minacciano i valori faunistici e scenici su ben più vasta scala del confine comunale o di quello della vincolistica. Per la Biodiversità e gli ecosistemi, infatti, i limiti amministrativi non esistono.

Tra le aree che maggiormente risentono dell’impianto rinnovabile selvaggio ci sono vaste aree del Meridione e sopratutto in Puglia e Campania. Spiega Cripezzi quale possa essere l’impatto delle torri eoliche portando l’esempio dell’impianto che sorge ai confini del Parco nazionale del Cilento, nei comuni di Albanella e Altavilla Silentina e nel comune di Sicignano degli Alburni nel Parco nazionale:

Le regole avrebbero dovuto essere create prima degli incentivi. E’ per questo che uso il condizionale: ormai allo stato attuale vi è una mole oceanica di procedimenti in corso, che si aggiunge all’eolico in esercizio (6000 MW al 2010) e soprattutto a quello ancora invisibile ma ipotecato per effetto di pareri o addirittura autorizzazioni finali già emesse con ulteriori 6-7000 MW ma occultati alla pubblica opinione per continuare ad avere mano libera sul territorio. E senza contare il fotovoltaico, le cui previsioni lievitate da 8000 a 23.000 MW rendono TUTTO l’eolico previsto del tutto superfluo ai fini degli obiettivi comunitari al 2020 nel comparto elettrico! In questo stato, qualunque ipotesi di contenimento attraverso l’introduzione di regole urbanistiche o territoriali (di competenza regionale o concorrente stato-regione) sarebbe del tutto tardiva e inutile non potendo avere carattere retroattivo rispetto ai diritti acquisiti che la lobby punta a rivendicare anche e soprattutto economicamente dallo Stato. Per di più tutto questo sta scandalosamente saturando i limiti di potenza di impianti da fonte rinnovabile inseribili nel sistema elettrico italiano a vantaggio dei grossi speculatori e del PIL tedesco (pale eoliche) o cinese (pannelli) proprio a scapito dei piccoli impianti su cui potrebbero “speculare” positivamente famiglie e agricoltori quale preziosa integrazione al reddito.

I margini di poter dire “qui SI e qui NO” (quindi programmazione e pianificazione) a questo punto non ci sono più, sarebbero un mero esercizio di fantasia. E nemmeno si può sperare nelle “buone pratiche” volontarie di qualsivoglia società eolica che, auto assoggettandosi a più seri approcci progettuali e di concertazione sociale, sarebbe immediatamente fuori mercato, sovrastata immediatamente da altre dieci società che ben agirebbero nella deregolamentazione concessa al settore. A questo povero Mezzogiorno è stata sottratta qualunque possibilità di un dibattito preventivo e di coinvolgimento sociale attraverso 10 anni di omertà mediatica sull’argomento. Non si sta dicendo “no” all’eolico ma semmai “basta”.

Via | Giornale del Cilento
Foto | Lipu Benevento

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