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Clima

Rio+20 annunciato il fallimento dell’economia ambientale

A Rio+ 20 fallito ogni tentativo di politica ambientale. Le riflessioni dell’ ex-ministro Alfonso Pecoraro Scanio.

A Rio+20viene ufficialmente annunciato il fallimento della green economy (anzi manco viene più definita) e della governance ambientale. L’accordo sottoscritto anche dall’Europa è di una mediocrità paurosa e sostanzialmente è il prezzo nero su bianco che l’ambiente dovrà pagare per sostenere l’economia dei paesi emergenti e dei paesi industrializzati: si ammette l’emissione di C02 in 400ppm piuttosto che in 350ppm così come approvato già nel 1992.

Dunque i politici sono d’accordo su un fatto: inquinare è il sistema più cheap per produrre merci; più merci si producono più l’economia del BRIC cresce; più il BRIC cresce più briciole arrivano ai paesi industrializzati che pascolano nella loro evidente obesità. Un sistema malato? Indubbiamente lo è. E accanto alla passerella da greenwashing la manifestazione de La Via Campesina che ha centrato l’obiettivo: a Rio si è vistoun vecchio capitalismo verniciato di verde e non è questa la Green Economy richiesta.

Mi scrive uno sconsolato Alfonso Pecoraro Scanio, ex ministro per l’Ambiente del governo Prodi, quello che in quanto Verde credeva ancora nell’ambiente:

Purtroppo il mio e tuo timore che Rio fallisse si è avverato nel più palese dei modi. Ho fatto bene a risparmiare almeno le emissioni di co2 del viaggio che avevo previsto. Ovviamente non dobbiamo scoraggiarci.

Alfonso ha cavalcato stagioni durissime dell’ambientalismo mondiale e italiano, è abituato a battaglie feroci, la sottoscritta è meno avvezza a tali guerre. Vi lascio dopo il salto le sue pungenti, lucide e solforose analisi.

Il mio timore si è avverato, è stata Rio meno venti. Con un aggravante, mentre nel ’92 si puntava a contenere la concentrazione di CO2 entro le 350 parti per milione siamo ormai arrivati a 400 ppm, una concentrazione che la comunità scientifica mondiale considera insostenibile.

Ho partecipato, con diversi ruoli, a tante conferenze internazionali, ma difficilmente ho visto un così miserevole risultato, un fallimento palese.Mancati i due obiettivi: green economy e nuova governance ambientale. Perfino la stampa meno ambientalista ha dovuto evidenziare il tradimento anche delle aspettative meno ambiziose.

La green economy si è trasformata nello show del greenwashing di troppe multinazionali che, senza rinunciare alle attività inquinanti e climalteranti tradizionali,spesso invece in aumento,aggiungono qualche azione ‘green ‘. Magari si tratta anche di singole azioni di buona qualità ma ininfluenti nella battaglia mondiale per evitare un catastrofico aumento della temperatura e del tutto annullate proprio dalle crescenti attività dannose ,una “compensazione” al contrario.

Eppure sono tante le vere ‘green economies’ messe in atto da decine di migliaia di professionisti,realtà locali, piccole,medie e grandi imprese davvero innovative e che stanno dando lavoro a centinaia di migliaia di persone .
Ma il documento finale di Rio non riesce nemmeno a definire quale sia la Green Economy utile al Mondo,se per esempio quella della produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili oppure ,per esempio m le grandi centrali a biomassa che bruciano olio di palma importato da migliaia di km di distanza e prodotto deforestando.

Ma Rio ha abdicato anche sulla difesa degli oceani dalla pesca insostenibile, un impegno doveroso e che non impattava nemmeno con il muro delle potenti lobby nere del petrolio.Ed ancora dopo anni di appelli nemmeno un’agenzia dell’ONU per l’ambiente. Ricordo di essere stato a Parigi, all’Eliseo,ad un incontro organizzato dall’allora presidente Chirac dove si lanciò la richiesta di trasformare l’Unep (programma ambientale dell’ONU ) in un’agenzia sul modello della FAO o dell’ UNESCO.

Lo stesso neopresidente francese Hollande ,cui va’ dato atto di essere stato l’unico leader del G8 a passare da Rio dopo il vertice del G20 del Messico ,ha perorato la causa dell’agenzia senza alcun esito. Nulla nemmeno sulla governance. Ci si interroga allora sull’utilità di queste dispendiose conferenze. E mi chiedo anche perché l’Italia e l’Europa hanno approvato questo testo vuoto? Ricordo che alla conferenza di Bali nel 2007 ,di fronte all’ostinata opposizione della rappresentante di Bush noi europei decidemmo di andare avanti comunque rischiando il fallimento della conferenza pur di non annacquare in maniera inaccettabile il testo finale. In una drammatica seduta plenaria,con il capo dell’Unep che scoppiò in lacrime, terminata in tarda mattinata dopo un intero pomeriggio ed una notte insonne di braccio di ferro, la delegata degli Usa di fronte all’isolamento e perfino alle offese ricevute da molti piccoli stati ritirò il veto e un applauso liberatorio concluse lo scontro.

Ci sono momenti in cui è meglio un confronto aperto e duro piuttosto che un compromesso ad ogni costo. Per fortuna tante associazioni,enti locali ,imprese etiche stanno operando autonomamente per ridurre le proprie emissioni e proprio in occasione del vertice sono stati annunciati risultati concreti di taglio dal basso delle emissioni.

È una speranza ma anche un ulteriore riprova della crisi delle politiche e delle istituzioni tradizionali ,e questo resta un grande problema.

Alfonso Pecoraro Scanio

Foto | UN

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