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Enel contro Greenpeace

Il braccio di ferro tra Enel e Greenpeace sulla questione delle centrali a carbone si è fatto pesante. Nonostante la risonante pubblicità che l’Enel sta facendo alla sua politica energetica pulita, Greenpeace gli rinfaccia la scelta di incrementare la produzione di energia grazie a centrali a carbone. (L’Enel si vanta di ridurre di 4 milioni di tonnellate di CO2 all’anno con le rinnovabili per poi emetterne 40 in più con il carbone…)
Durante la notte tra giovedì e venerdì, l’azienda ha deciso di lasciare al buio gli attivisti che si erano arrampicati sulle ciminiere di Porto Tolle. Alla richiesta degli agenti della Digos, presenti sul posto, di riattivare la luce, gli addetti dell’Enel hanno risposto che si tratta di una decisione dell’azienda che si assume ogni responsabilità. Hanno tolto “visibilità” alla protesta localmente, ma globalmente la decisione è stata condannata.
Michele Candotti, segretario generale del Wwf Italia, ha espresso solidarietà a Greenpeace: “Non esiste carbone pulito che tenga di fronte all’emergenza climatica. Per quanto i miglioramenti tecnologici permettano di innalzare l’efficienza di una centrale a carbone, le emissioni specifiche di questa tecnologia rimangono sensibilmente le più elevate nell’ambito dei combustibili fossili.”
Inutili, finora, i richiami al ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Greenpeace si chiede: la parte del programma dell’Unione relativa alle energie rinnovabili e al Protocollo di Kyoto è stata firmata anche da Bersani, o il ministro ha firmato qualcos’altro, e non l’ha fatto sapere?
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