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Pesca: Italia fra i Paesi pirata

Ho letto con un certo interesse una notizia relativa al fatto che l’Italia, per quel che riguarda il settore pesca, sia stata recentemente considerata a livello internazionale come un “Paese pirata”. Questo almeno secondo quanto riportato dalla NOOA (National Oceanic and Atmospheric Administration), autorevole agenzia federale americana. Oltre all’Italia sarebbero considerati in questo modo anche Francia, Libia, Tunisia, Panama e Cina.
Questi Paesi sarebbero stati definiti in questo modo in quanto praticanti di attività di pesca illegale non dichiarata e non regolamentata, con una perdita economica quantificata in circa 9 miliardi di dollari all’anno. In casa nostra c’è poco da stare allegri in quanto, secondo quanto riporta Legambiente, l’Italia sarebbe da tempo sul banco degli imputati per l’uso di reti pelagiche derivanti d’altura, più note come “spadare”, ovvero un sistema di pesca vietato dall’Onu e proibito completamente in Italia e nell’Ue dalla fine del 2001.
Sembrerebbe che questo fenomeno, nonostante si siano spesi dei soldi per indennizzare i pescatori a non perseguire questa pratica, sia clandestinamente ancora in atto. Fra le cause per cui l’agenzia abbia formulato l’accusa vi sarebbe probabilmente anche quella relativa alla questione del tonno rosso.
Qualche tempo fa infatti (anche Ecoblog riportò una notizia a proposito) emerse come l’Italia fosse fra gli Stati maggiormente responsabili in quanto a pesca illegale di questa specie, il cui stock fra l’altro si stava (e continua ad esserlo tuttora) vertiginosamente riducendo.
Le maggiori associazioni ambientaliste internazionali indicano come l’indice di accusa lanciato dall’associazione americana nei confronti dell’Italia prenda spunto proprio dalla questione relativa alla pesca illegale del tonno rosso. Proprio per fronteggiare questa situazione di emergenza Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Pew Environmental Group e Wwf, sono in attesa di aprire un dialogo con il governo italiano, dopo che qualche tempo fa chiesero un incontro per ridimensionare il fenomeno dell’illegalità nel settore pesca e dare nuova immagine all’Italia in questo senso.
Nonostante siano passati già due mesi, dai piani alti della politica italiana tutto tace, mentre nel frattempo il nostro Paese, oltre al danno d’immagine, rischia seriamente di dover rispondere alla Corte di Giustizia di Bruxelles per l’elevato numero di violazioni riscontrate.
Via | Noaa.gov
