Seguici su

Energia

Rete del Mare del Nord: i pregi e i difetti del futuro network europeo delle rinnovabili

Ai primi di gennaio Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Francia, Svezia, Belgio, Lussemburgo e Irlanda hanno posto le basi di uno dei progetti più interessanti nel campo delle rinnovabili. Lo hanno chiamato “Rete del Mare del Nord” e consisterà nel collegare i principali impianti nordeuropei di produzione elettrica da fonti rinnovabili tramite circa 6.000 chilometri di cavi, in gran parte posati sul fondo del Mare del Nord.

L’idea è quella di mettere in rete la produzione dei vari paesi e farla circolare in maniera intelligente per ottimizzarne l’utilizzo. Le rinnovabili, infatti, come tutti ormai ben sanno hanno il grosso limite dell’intermittenza. Tale limite crea a volte problemi alle reti elettriche: sovraccarichi, prima di tutto, ma anche difficoltà di programmare le infrastrutture di trasporto di quantità di energia non facilmente prevedibili. Per superare questi problemi, da qualche tempo, si stanno progettando le smart grids.

La “Rete del Mare del Nord”, però, è qualcosa di diverso dalle smart grids perchè è progettata per veicolare l’energia dei grossi impianti da decine, a volte centinaia, di MW. Il fulcro di tutto il sistema, infatti, saranno le grandi centrali idroelettriche nord europee che faranno da “batteria di accumulo” per l’energia in eccesso durante i picchi di produzione delle centrali alimentate dalle altre fonti. Questo ruolo di accumulatore, in realtà, le centrali elettriche già lo fanno ma per l’energia prodotta dalle centrali termoelettriche ad idrocarburi.

Una centrale termoelettrica, infatti, ha il problema opposto a quello delle rinnovabili: è tremendamente rigida. Per avviare una centrale a gas, carbone o ad olio combustibile, infatti, ci voglio molte ore. L’impianto, per farla semplice, si deve riscaldare a poco a poco per evitare dilatazioni eccessive, detonazioni, bolle nelle condutture etc… Questo, nella pratica quotidiana, si traduce nel fatto che queste centrali sono attive tutto il giorno, 24 ore su 24, e si fermano completamente solo per i cicli di manutenzione. Al massimo se ne può diminuire la produzione facendole andare a regime ridotto, ma si perde in efficienza e si alzano i costi di produzione.

Il problema, però, è che la notte serve meno energia che di giorno. Per questo motivo l’energia in eccesso delle termoelettriche viene usata per “ricaricare” le centrali idroelettriche. Questi impianti, nella maggior parte dei casi, sono formati da due bacini separati da un dislivello di alcune centinaia di metri. L’acqua, facendo il salto dal bacino superiore a quello inferiore, fa girare la turbina e produce elettricità. In pochissimi minuti perchè tutto avviene a freddo e non ci sono rischi di sorta se si ha fretta.

Le centrali idroelettriche, per questo, da decenni si usano soprattutto per coprire i picchi di domanda. E svolgono il loro ruolo in maniera egregia. Il problema, però, è che consumano più di quanto producono. Muovendo le pale della turbina, infatti, l’acqua produce energia con un’efficienza superiore al 90%, ma per riportarla “al piano di sopra” il 90% non basta. Ci vuole tutto il 100%. L’idroelettrico, in realtà, serve per produrre in fretta l’energia necessaria a tenere in equilibrio il sistema elettrico e, cosa non meno importante, ad evitare che il surplus notturno delle termoelettriche vada perso. Più che di fonte rinnovabile, quindi, dovremmo più correttamente parlare di risparmio energetico.

Nella futura rete nordeuropea, però, l’idroelettrico permetterà di massimizzare la produzione da fonti rinnovabili evitando, ad esempio, che i parchi eolici vengano bloccati per non fare andare in tilt le obsolete reti continentali. Un meccanismo antico, quindi, applicato a tecnologie di produzione moderne come eolico e fotovoltaico. La cosa più difficile da fare, però, sarà gestire burocraticamente ed economicamente questa rete: essendo tutta energia incentivata e, per di più, prodotta da diversi paesi e diverse aziende, bisognerà tenere bene i conti per evitare pasticci. Ma ne varrà la pena perchè, oltre a far bene all’ambiente, sarà il primo vero esempio di politica energetica europea. Ciò che l’Europa non è mai riuscita a fare con le fonti fossili e con l’atomo, quindi, potrebbe iniziare a farlo con l’energia pulita.

Via | Ice
Foto | Flickr

Ultime novità