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Uranio impoverito: a Rimini un pool a difesa dei militari

Davide Ercolani, sostituto procuratore del tribunale riminese, ha creato un pool a difesa dei soldati ammalatisi per l’esposizione all’uranio impoverito

Davide Ercolani, sostituto procuratore da Rimini, ha aperto un’inchiesta partendo dalle denunce dei militari ammalatisi a causa dell’uranio impoverito o da familiari di soldati defunti come Giovanni Mancuso, in missione a Nassirya e morto nel 2010 a causa di un tumore al cervello.

Gli indumenti di Mancuso stanno per essere inviati in Australia per esami per i quali occorre una strumentazione specifica. Oltre che sulle cartelle cliniche del militare, la procura riminese può contare sugli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta che ha approfondito i legami fra l’esposizione all’uranio impoverito e lo sviluppo di forme tumorali.

Il capo d’accusa è di omicidio colposo, così come previsto dall’art. 589 del codice penale comune e omessa esecuzione di un incarico, riconducibile all’articolo 117 del codice penale militare di pace.

Ma potrebbe non essere soltanto colpa dell’uranio impoverito visto che la Commissione d’inchiesta chiama in causa anche la somministrazione ai militari di vaccini senza esami ed anamnesi preliminari.

Per quanto riguarda l’uranio Ercolani si sta muovendo in due direzioni: 1) la dimostrazione dei rapporti di causa-effetto fra esposizione e malattia, 2) l’identificazione dei militari in posizioni di tutela e garanzia che pur essendo a conoscenza della nocività dell’amianto non provvidero ad attrezzare i militari con protezioni adeguate.

Inoltre, va segnalato che al Tribunale di Milano, un militare ammalatosi di tumore alla tiroide dopo aver partecipato a una missione nei Balcani ha vinto una causa e avrà diritto a un equo indennizzo da parte del Ministero della Difesa. Il Tribunale ha riconosciuto la “piena responsabilità dell’amministrazione”. Recentemente è giunta la richiesta di esecuzione della sentenza e la liquidazione di quanto dovuto: 350mila euro. All’ex militare, impegnato in Kosovo, nel 2002, nella missione Joint Guardian, non fu fornita alcuna protezione in un periodo in cui gli alti comandi erano ampiamente informati dell’utilizzo di armamenti con uranio impoverito da parte delle truppe Nato.

Via | Il Ponte | Il Fatto Quotidiano

Foto © Getty Images

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