La produzione di energia nucleare in Gran Bretagna è in calo da circa 15 anni, a causa della progressiva dismissione di impianti molto vecchi: dai 100 TWh del 1998 si è passati ai 69 del 2011. (1)
Dal 1995 non sono più stati inaugurati nuovi reattori (2) e ancora nel 2000 non si pensava di costruirne altri prima del 2020. Nel 2006 ci fu un rapido cambio di rotta, con un ambizioso programma di realizzare 25 GW entro il 2025. Negli anni successivi il progetto è stato ridimensionato a 10 GW e successivamente a 3,3 GW, ovvero due soli reattori. (3)
All’atto del suo insediamento nel 2010, il governo conservatore di Cameron aveva promesso che l’energia nucleare non avrebbe ricevuto sussidi pubblici, ma il privato avrebbe contato liberisticamente sulle sue sole forze.
Meno di tre anni dopo, anche alla luce dei disastri ingegneristico-finanziari di Olkiluoto e Flamanville (4), i tories si sono rimangiati la promessa ed ora parlano di pagare all’industria nucleare 100 £ al MWh (ovvero 10 pence al kWh) per 30 o 40 anni. C’è solo un piccolo problema.
Questo prezzo è il doppio del prezzo di mercato attuale e superiore a quasi tutte le previsioni governative da qui al 2030! Un deputato liberale (che fa parte della coalizione di governo) ritiene assurdo pagare questo prezzo tenendo conto che da oggi al 2030 lo sviluppo delle energie rinnovabili farà ulteriormente abbassare il costo dell’energia.
Inoltre sembra che il governo britannico stia cercando di infilare nel progetto di legge una clausola di segretezza che autorizzi il ministero dell’energia a regolare i conti con EDF (Electricité de France, il fornitore degli impianti) all’insaputa del parlamento, per coprire eventuali maggiori costi di costruzione ed esercizio.
A causa del suo status di potenza militare nucleare con oltre 200 testate, il nucleare sembra un’opzione irrinunciabile per il governo britannico; tuttavia i fatti sembrano sempre più dargli torto. Una buona fetta di opinione pubblica è contro il nucleare e come scrive Greenpeace la battaglia di Inghilterra è cominciata.
(1) Fonte: Statistical Review della BP; (2) Database PRIS; (3) Una sintesi ben documentata di questo downgrade dei progetti è fornita da Greenpeace UK; (4) E’ di pochi giorni fa la notizia che Olkiluoto non aprirà nel 2014, ma bensì nel 2016, 7 anni dopo la data prevista. La fonte è il Financial Times.
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