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Cresce l’opposizione sociale al fracking negli USA

Nello stato di New York cresce l’opposizone alla pratica del fracking per recuperare il gas di scisto: nell’ultimo sondaggio il 45% della popolazione si è detta contraria (50% nell’Upstate, cioè escludendo l’area urbana di New York City). Un anno fa i contrari erano il 36%. Nello stesso periodo gli indecisi/non informati sono calati dal 27 al 15%.

Si tratta di un grande risultato di coscientizzazione popolare, tenuto anche conto delle ampie risorse mediatiche dell’industria petrolifera. I petrolieri iniziano infatti a lamentarsi del fatto che senza fracking non si creeranno 50 000 posti di lavoro.

I newyorchesi non si fanno però incantare da queste dichiarazioni, visto che sanno cosa è successo nella non lontana Pennsylvania. Sono stati scavati 150000 pozzi, trasformando di fatto aree rurali in zone industriali, con traffico elevato di pesanti autocarri, depositi di acqua contaminata, inquinamento dell’aria e rumore. La falda acquifera è inquinata e alcune famiglie come quella dei Mc Intyre hanno avuto problemi di salute e non possono più usare l’acqua del rubinetto.

Questa devastazione ambientale si accompagna ad una vita media dei pozzi molto breve: circa 7 anni e mezzo, con un calo della produzione del 65% rispetto al valore iniziale in nmeno di tre anni.

Scrive il senatore democratico dello Stato di NY Terry Gipson dopo aver visitato i siti di fracking della Pennsylvania:

Centinaia di autotreni affollavano strette strade di campagna a due corsie, trasportando macchinari, trasportando centinaia di migliaia di galloni di acqua potabile [essenziale per il fracking ndb], proveniente in gran parte da oltre confine dallo stato di NY, trasportando fanghi di scarto…   Il danno causato alla regione potrebbe persino renderla più depressa economicamente di quanto non fosse all’inizio, una volta che il business del fracking sarà esaurito. Il carattere temporaneo delle costruzioni e degli impianti mi lascia l’impresisone che le aziende petrolifere non sono lì per aiutare a costruire delle ocmunità locali. Tutti gli indizi puntano sul fatto che sono lì solo per ottenere ciò che volgiono per poi andare altrove, lasciandoci una miriade dirischi sanitari e una probabilità altissima di avere contaminato l’acqua, la nostra risosrsa più preziosa.

Come non essere d’accordo? Speriamo che questo sia l’inizio di una grande battaglia politica per salvaguardare i territori naturali e non distogliere preziose risorse economiche dalla diffusione delle energie rinnovabili.

EcoAlfabeta

Marco Pagani, Fisico e docente di Matematica e Fisica, attualmente svolge un Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Ambientali e Alimentari presso l'Università di Bologna. Si interessa di problematiche ambientali da lungo tempo dopo aver letto molti anni fa "Il cerchio da chiudere" di Barry Commoner, "Il punto di svolta" di Fritjof Capra e "La convivialità" di Ivan Illich. Su questi problemi ha organizzato diversi corsi e seminari coinvolgendo docenti universitari e rappresentanti della società civile. E' autore di pubblicazioni su temi scientifici e ambientali; in collaborazione con Ugo Bardi si è occupato del picco dei minerali, argomento che ha trattato anche nel libro "La vita dopo il petrolio" curato da Pietro Raitano e Gianluca Ruggero. Ha tenuto diversi corsi e seminari sui costi energetici dell'agricoltura, sull'impronta agricola-alimentare e sulla misura del consumo di territorio. E' socio ASPO e WWF, ha dato vita a un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale), simpatizza e sostiene attivamente la Rete per la decrescita e il movimento Stop al consumo di territorio. Prim di confluire in Ecoblog, dal 2006al 2012 ha curato il blog ambientale EcoAlfabeta, di cui ora conserva il nickname. Dal giugno 2011 è Consigliere Comunale a Novara. Ama le scienze, la lettura, la scrittura, i viaggi, la montagna, la bicicletta, la musica, la cucina, la compagnia degli amici e della sua famiglia, la pace e l'intelligenza creativa.

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