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Picco dell’Uranio nel 2015 secondo uno studio svizzero

Un interessantissimo e recente articolo del fisico svizzero Michael Dittmar dall’eloquente titolo La fine dell’Uranio a buon mercato  gela brutalmente le aspettative di chi sogna una rinascita nucleare nel 21° secolo.

Sulla base della velocità di esaurimento delle miniere esistenti o in programma (1), lo studio stima che il picco della produzione dell’Uranio verrà raggiunto nel 2015 a 58000 t, per calare successivamente a 54000 nel 2025 e a 41000 nel 2030 (linea tratteggiata nel grafico in alto).

L’Uranio estratto e arricchito non basterà quindi a soddisfare la domanda dei reattori esistenti (linea nera), nemmeno se questa calasse dell’ 1% o del 2% all’anno (linee blu e azzurra). (2)

Le conclusioni di Dittmar disegnano un futuro piuttosto nero per il nucleare civile, con risvolti socio-politici inquietanti:

«In effetti, riteniamo che sia difficile evitare scarsità di fornitura anche con una riduzione graduale della produzione dell’energia nucleare dell’1% all’anno. Suggeriamo quindi che sia nell’ordine delle cose una decrescita del nucleare a livello mondiale.

Se una simile decrescita non verrà perseguita in forma volontaria, la fine delle forniture di Uranio a buon mercato sarà inevitabile. Alla fine alcune nazioni non saranno in grado di poter acquistare sufficiente Uranio, con conseguente riduzione involontaria e caotica della produzione, con cali di tensione, blackout o peggio.»

Le miniere sfruttate attualmente hanno concentrazioni di Uranio grosso modo tra l’1% e il 10%. Estrarre il metallo con concentrazioni via via più basse comporta crescenti usi di energeia e movimentazione di roccia, il che rende poco praticabile lo sfruttamento. E’ inoltre fisicamente insensato sfruttare giacimenti con concentrazioni sotto lo 0,01% (3), oppure pensare di estrarre l’Uranio dall’acqua di mare.

L’ articolo di Dittmar contiene inoltre una considerazione tanto semplice quanto fondamentale, che tutti gli ineffabili (e metafisici) economisti dovrebbero imparare a memoria:

Il fatto che l’intera domanda europea di Uranio di 21 kt/anno debba essere importata è da sottlineare, perché dimostra che l’Uranio, come tutti i combustibili fossili, è una risorsa finita che non appare magicamente in maggiori quantità solo perchè la domanda spinge il suo prezzo verso l’alto. Come per i combustibili fossili, i dati minerari europei mostrano che l’esaurimento delle riserve e il declino della produzione sono una conseguenza inevitabile della finitezza delle risorse.

(1) I dati storici di produzione delle nazioni che hanno esaurito le loro riserve di Uranio (Germania est, Francia, Rep. Ceca,…) mostrano che la quantità di Uranio effettivamente estratto è stata compresa tra il 50 e il 70% della stima iniziale delle riserve. L’analisi della produzione canadese ed australiana, su cui esistono dati abbondanti, mostra invece che le miniere riescono a produrre in modo più o meno costante per una decina di anni. Combinando queste informazioni, Dittmar ha quindi stimato la produzione futura delle miniere esistenti o in progetto con un margine di errore dell’8-10%.

(2) La differenza tra domanda e offerta di Uranio viene oggi coperta dallo smantellamento di vecchie testate nucleari (fino al 1990 si è accumulato molto più metallo di quello consumato nei reattori), ma a causa del picco di produzione questa riserva si esaurirà intorno alla metà degli anni ’20.

(3) In queste condizioni, per ottenere 1 t di Uranio (pari a 40 GWh in una centrale) bisognerebbe scavare 16000 tonnellate di roccia; a quel punto sarebbe più conveniente estrarre 14700 t di carbone che fornirebbero la stessa energia.

EcoAlfabeta

Marco Pagani, Fisico e docente di Matematica e Fisica, attualmente svolge un Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Ambientali e Alimentari presso l'Università di Bologna. Si interessa di problematiche ambientali da lungo tempo dopo aver letto molti anni fa "Il cerchio da chiudere" di Barry Commoner, "Il punto di svolta" di Fritjof Capra e "La convivialità" di Ivan Illich. Su questi problemi ha organizzato diversi corsi e seminari coinvolgendo docenti universitari e rappresentanti della società civile. E' autore di pubblicazioni su temi scientifici e ambientali; in collaborazione con Ugo Bardi si è occupato del picco dei minerali, argomento che ha trattato anche nel libro "La vita dopo il petrolio" curato da Pietro Raitano e Gianluca Ruggero. Ha tenuto diversi corsi e seminari sui costi energetici dell'agricoltura, sull'impronta agricola-alimentare e sulla misura del consumo di territorio. E' socio ASPO e WWF, ha dato vita a un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale), simpatizza e sostiene attivamente la Rete per la decrescita e il movimento Stop al consumo di territorio. Prim di confluire in Ecoblog, dal 2006al 2012 ha curato il blog ambientale EcoAlfabeta, di cui ora conserva il nickname. Dal giugno 2011 è Consigliere Comunale a Novara. Ama le scienze, la lettura, la scrittura, i viaggi, la montagna, la bicicletta, la musica, la cucina, la compagnia degli amici e della sua famiglia, la pace e l'intelligenza creativa.

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