All’Ilva di Taranto non sono soltanto le emissioni di polveri e fumi a uccidere: c’è anche l’amianto, il materiale utilizzato su larga scala, per decenni, dall’industria italiana e che ora presenta il conto un po’ ovunque. Due operai di 57 e 69 anni che avevano lavorato nello stabilimento tarantino fra il 1970 e la metà degli anni Novanta come manutentori elettricisti e addetti alla colata continua dell’Acciaieria dell’Ilva di Taranto sono morti per mesotelioma pleurico.
A dare la notizia è stato Luciano Carleo, presidente dell’associazione Contramianto onlus che ha fatto presente come siano ormai “centinaia i casi di mesotelioma e patologie asbesto-correlate registrati nel personale Italsider-Ilva di Taranto”. Fra questi c’erano anche i due operai deceduti che avevano ottenuto il riconoscimento dell’esposizione all’amianto. Una situazione definita “prevedibile” da Carleo, visto “l’uso di amianto fatto all’interno dello stabilimento siderurgico”.
I dati, purtroppo, sono inequivocabili e dicono che fino alla fine degli anni Novanta la presenza di amianto in azienda era massiccia. Contramianto aveva già avviato le procedure di riconoscimento di malattia professionale in attesa dei necessari approfondimenti su eventuali responsabilità sull’esposizione all’amianto e l’inalazione di fibre cancerogene nel corso dell’attività lavorativa. L’associazione si è costituita parte civile nel processo penale per 31 morti da mesotelioma e altri tumori contratti dagli operai venuti a contatto con l’amianto e con le altre sostanze tossiche nella fabbrica pugliese.
Via | Ansa
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