
I pesci che portiamo in tavola sono pieni di PFAS: fino a 12 volte oltre i limiti, l’inchiesta choc - ecoblog.it
Secondo un’inchiesta europea, i pesci dei nostri fiumi sono contaminati da PFAS oltre i limiti consentiti.
Non è una notizia qualsiasi, ma una di quelle che lascia l’amaro in bocca. I pesci che finiscono sulle nostre tavole trote, carpe, persici e anguille sarebbero contaminati da PFAS, sostanze chimiche note come inquinanti eterni, presenti in concentrazioni fino a dodici volte superiori ai limiti di sicurezza .
A rivelarlo è un nuovo rapporto dell’ European Environmental Bureau (EEB), che ha condotto analisi in diversi Paesi europei, compresa l’Italia. I dati raccolti mostrano livelli record in Veneto, dove in alcuni corsi d’acqua come la Fossa Monselesana e il canale di Campagna Lupia, vicino a Venezia, i campioni di pesce hanno raggiunto valori di PFOS (una delle molecole più pericolose del gruppo) fino a 69 microgrammi per chilo , contro un limite fissato a 0,077 microgrammi .
PFAS nei pesci, perché sono così pericolosi
I PFAS sono composti chimici utilizzati da decenni in mille settori, tessile, alimentare, conciario, cosmetico e industriale. Resistenti al calore, all’acqua e al grasso, sono stati impiegati in padelle antiaderenti, imballaggi alimentari, tappeti e persino abiti tecnici. Il problema? Non si degradano. Restano nell’ambiente per secoli, si accumulano nei fiumi, nei terreni e nel corpo degli animali. E, attraverso la catena alimentare, arrivano fino a noi .
Secondo l’ EFSA, fino al 90% dell’esposizione alimentare al PFOS deriva proprio dal consumo di pesce contaminato. Le conseguenze possono essere gravi: alterazioni ormonali, danni al fegato, problemi di fertilità, disturbi al sistema immunitario e persino aumento del rischio di alcune forme di tumore. Il dossier dell’EEB dipinge un quadro inquietante. Le analisi condotte tra il 2009 e il 2023 mostrano che tutti i campioni italiani esaminati superano i nuovi limiti europei. Dai canali veneti ai corsi d’acqua tra Ferrara e Mantova, i PFAS si trovano ovunque.

Il Fossa Monselesana, già al centro di indagini ambientali, risulta tra i punti più contaminati d’Europa. Ma situazioni simili emergono anche nel Burana, tra Ferrara e il Delta del Po, e nel Secchia , nel mantovano. Queste sostanze non colpiscono solo la salute umana, ma anche la biodiversità, alterano il metabolismo e la riproduzione dei pesci, danneggiano gli ecosistemi e si diffondono lungo la catena alimentare, arrivando fino ai mari.
Una prospettiva che rischia di condannare un’intera generazione a convivere con un’eredità chimica invisibile, già presente nel sangue di milioni di persone. Nel frattempo, in Italia come nel resto d’Europa, chi pesca o acquista pesce d’acqua dolce spesso non sa cosa sta portando in tavola. E finché non arriveranno controlli più severi e una bonifica reale dei fiumi, questo pericolo silenzioso continuerà a viaggiare dai canali industriali fino ai nostri piatti.