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Nucleare

Incendio a Chernobyl: allarme per la dispersione di radioattività

Secondo Greenpeace i rischi connessi alla dispersione sono altissimi. Qualora non si riuscisse a controllare l’incendio, la dispersione di particelle radioattive potrebbe essere di poco inferiore a quella dell’incidente del 1986

È ancora allarme nella zona di Chernobyl dopo l’incendio scoppiato alcuni giorni fa. I Vigili del Fuoco hanno continuato a spegnere alcuni focolai minori in un’area di circa 70 ettari nella zona di esclusione della centrale nucleare di Chernobyl, teatro dell’incidente del 1986.

Anche se le autorità bielorusse e ucraine hanno affermato che il livello di radioattività è nella norma, diversi esperti russi e ucraini continuano ad ammonire sul rischio che il fumo dell’incendio, trasportato dal vento, possa veicolare particelle radioattive.

Greenpeace stima che gli incendi in corso nei boschi attorno alla centrale di Chernobyl possano causare una notevole dispersione della radioattività a causa della notevole contaminazione delle foreste e dei terreni situati attorno alla centrale:

i quantitativi totali di materiali radioattivi rilasciati da questi incendi potrebbero essere potenzialmente equivalenti a quelli di un incidente nucleare rilevante.

I primi incendi nell’area sono stati segnalati il 26 aprile, nel giorno del ventinovesimo anniversario del disastro del 1986. La dispersione della radioattività avviene con il rilascio dei fumi dell’incendio ed è dispersa a seconda dell’andamento dei venti e dell’altezza del pennacchio di fumo e di altri fattori meteorologici.

Secondo Greenpeace negli incendi precedenti la radioattività ha raggiunto il territorio turco. Sulla base dei dati satellitari gli esperti dell’associazione ambientalista ha stimato in 13.300 gli ettari interessati dall’incendio, di cui circa 4100 sarebbero andati a fuoco.

Proprio all’inizio di quest’anno era stata presentata un’analisi dettagliata sul rischio di incendio a Chernobyl e, nell’ipotesi peggiore, il rilascio di radioattività in atmosfera era stato quantificato al livello 6 della scala Ines, appena un “gradino” al di sotto del livello 7 al quale furono collocati sia l’incidente del 1986 che quello avvenuto a Fukushima nel 2011. Anche dopo 29 anni i rischi di dispersione non possono essere controllati e qualora non si riuscisse a circoscrivere l’incendio il rischio di dispersione diventerebbe un’emergenza per l’Europa orientale.

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Foto | Google Earth

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