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Crescita forzata o decrescita serena?

Nelle ricche società insostenibili, il PIL non è più una misura della qualità della vita. Ridurre i consumi non significa stare peggio se si salvaguardano i diritti

[Vignetta pubblicata per gentile concessione di Andy Singer]

Quelli dell’Huffington Post pensavano di avere gioco facile a sbeffeggiare la decrescita facendo dell’ironia sul fatto che ora siamo più poveri e dovremmo quindi essere più felici.

Il contenuto del loro post è quantomeno semplicistico, anche perchè paragonare Beppe Grillo con Serge Latouche è più o meno come confondere Zichichi con Einstein.

La teoria della decrescita (1) mette in discussione il dogma della crescita economica fine a se stessa e la stolta idea degli economisti di condensare tutto in un unico indicatore, il PIL, che viene adorato e glorificato.

Credo che ormai lo sappiano anche i sassi che il PIL cresce quando cresce il traffico, gli incidenti, l’inquinamento, la delinquenza, i divorzi, i disastri “naturali” da incuria ecc, mentre non sale di una briciola se ci sono milioni di volontari, di mamme e papà che svolgono compiti fondamentali gratuitamente e senza fatturare. (2)

Ecco la giaculatoria dell’Huffington:

Consumiamo quanto consumavamo in media a metà degli anni novanta. Le auto praticamente non le compriamo più (se ne vendono quante se ne vendevano negli anni settanta), il petrolio (consumi per 63 milioni di tonnellate nel 2012) ha fatto addirittura un balzo indietro agli anni sessanta, prima del boom economico. L’Istat ha certificato che una famiglia su dieci ormai non compra più pesce e carne.

Consumiamo meno petrolio e compriamo meno auto? Vivaddio, dobbiamo ridurre la nostra tossicodipendenza fossile, oltre alle emissioni di CO2. (3)
Mangiamo meno carne e pesce? Vivaddio al quadrato. In Italia abbiamo a disposizione ogni giorno più o meno il doppio delle proteine necessarie; mangiare più proteine vegetali non può che fare bene alla nostra salute e all’ambiente.

Negli anni ’90 stavamo forse male? La questione non è quanto si consuma, ma quanto sono garantiti i diritti. Avere una vita più sobria non è un problema se possiamo garantirci i bisogni primari, l’istruzione, la sanità e la partecipazione. Se.

Certo, avremmo preferito una decrescita scelta ad una decrescita subita (Come ben diceva Marco Revelli  5 anni fa), ma nel mondo pre-crisi guidato dai semidei di Davos non avevamo molto margine di manovra.

Il vero problema è che la minore disponibilità di energia fossile a basso costo ha bloccato un modello economico-sociale fondato su di essa. Occorre reinventarci una società e un lavoro sostenibili se vogliamo andare avanti. Con o senza gli economisti.

(1) Trovate qui in ordine un po’ sparso una serie di analisi, notizie, riflessioni e testimonianze sulla decrescita

(2) Vi segnalo i miei vecchi post  della serie l’inferno della crescita, dove ho analizzato la crescita di psicofarmaci, avvocati, armi, sportelli bancari, rate e pubblicità, tutte cose che fanno aumentare il PIL, ma peggiorano la qualità della vita. Sono post scritti prima della crisi del 2008; ci ha quindi pensato la crisi energetica a fermare l’ulteriore crescita di questi indicatori prima che raggiungessero il loro picco naturale.

(3) Se i padroni del vapore se ne fossero accorti in tempo, avrebbero potuto iniziare a costruire piccole auto elettriche con kit solare per la mobilità urbana, ma essendo prigionieri del paradigma della crescita non si sono mai occupati di una cosa così “da sfigati”.

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