Incidenti nucleari: da Chernobyl a Fukushima, le cifre nascoste e l’addomesticamento del pubblico

È destinato a far molto rumore l’articolo sul dossier scientifico multimediale del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique), relativo al nucleare e rivolto al grande pubblico, diffuso ieri sulle pagine di Rue89 e firmato da Thierry Ribault. Nell’articolo Ribault fa subito una premessa spiegando di volersi dissociare dall’atteggiamento tenuto dal dossier “destinato ad addomesticare le masse e a tacere la vera situazione di Fukushima”.

L’aggettivo “scientifico”, relativamente al dossier, viene messo fra virgolette da Ribault che mette a confronto le cifre degli organismi mondiali deputati al controllo degli effetti dei disastri nucleari.

Le cifre di Chernobyl

Vediamo nel dettaglio i numeri. Nel dossier CNRS si parla di un rapporto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’AIEA (Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica) sulla catastrofe di Chernobyl effettuato nel 2005: a quasi vent’anni dall’incidente avvenuto nel 2006, il dossier, sotto l’egida delle Nazioni Unite, parla di 50 vittime immediate e di 2000 decessi fra i 200mila esposti.

Le cifre dell’Union of Concerned Scientist e della New York Academy of Sciences parlano, rispettivamente, di 25mila morti e di 211-245mila decessi a 15 anni dalla catastrofe. Si tratta di un gap impressionante. Un rapporto del Governo ucraino cita 2,25 milioni di persone esposte, di cui circa mezzo milione di bambini. Fra il 1992 e il 2009 fra i bambini ucraini le malattie endocrine sono aumentate dell’11,6%, le patologie dell’apparato motorio del 5,3% e quelle dell’apparato gastro-intestinale del 5%.

Com’è possibile questa discrepanza? Perché nonostante le cifre in mano al Governo ucraino, nel 2011 il Comitato Scientifico delle Nazioni Unite continua a parlare di 62 morti a causa delle radiazioni? Insomma chi controlla l’operato dei controllori? Ribault si chiede chi ci sia a vigilare sulla “neutralità scientifica” delle Nazioni Unite, sul “concubinaggio” che lega fra di loro i poteri forti come la CEA (Commissariato all’Energia Atomica), l’ANDRA (Agenzia Nazionale per la gestione delle scorie radioattive), l’IRNS (Istituto di radioprotezione e sicurezza nazionale) e i colossi EDF e AREVA?

Le cifre di Fukushima

Il j’accuse di Ribault affronta anche la questione Fukushima. In merito all’incidente avvenuto in Giappone, il dossier parla di 110mila abitanti sfollati e di una zona rossa di 20 km quando il raggio di inabitabilità è di 40 km. Inoltre non viene fatta alcuna menzione del fatto che la definizione della zona di migrazione sia determinata da una radioattività annua di 20 millisieverts, una misura quattro volte superiore a quella di Chernobyl…

Ribault cita le cifre raccolte in due anni di studi in Giappone, sul campo. Secondo le sue ricerche la diffusione di cesio 137 nell’atmosfera è 500 volte superiore all’esplosione di Hiroshima, l’emissione di gas xenon 133 è doppia rispetto a Chernobyl.

A Fukushima ci sono 1532 barre di combustibile stoccate in una piscina al quinto piano della centrale. Se ci fosse un’altra scossa di terremoto in grado di far crollare l’edificio che cosa accadrebbe? “Sarebbe la fine” ha detto il prof Hiroaki Koide dell’Università di Kyoto.

Dei 2 milioni di abitanti del dipartimento di Fukushima solamente 63mila l’hanno abbandonato, mentre 100mila sono migrati allontanandosi dalla centrale ma restando all’interno della regione. Lo scorso dicembre sono scaduti gli alloggiamenti gratuiti per gli sfollati, il 39% degli 80mila bambini finora esaminati accusa noduli e cisti, si segnalano i primi casi di cancro. Un terzo dei 300mila abitanti della città vorrebbe fuggire ma non può farlo.

Prigionieri di un incubo tutt’altro che finito, gli abitanti di Fukushima non sono soltanto vittime degli effetti collaterali del progresso, ma di una post-capitalismo che continua a produrre ignoranza e disinformazione per perpetuare le proprie agonizzanti rendite di posizione.

Via I Rue89

Foto © Getty Images

Davide Mazzocco

Giornalista e saggista, attivo sul web dal 2000 ha collaborato con numerose testate fra cui L'Unità, Narcomafie, La Nuova Ecologia, Slow Food, Terra, Alp, Ciclismo, Sport Week, Extratorino, Suden e Cinecritica. Fra i suoi libri più noti vi sono "Propaganda Pop", "Giornalismo online", "Giornalismo digitale" e "Storia del ciclismo". Ha co-diretto il documentario "Benvenuto Mister Zimmerman".

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