Eolico, le mafie dei venti: sequestro record al Re dell’eolico

Che cosa c’entri questo con le tematiche ambientali è presto detto: Vito Nicastri, chiamato “il Re dell’eolico” è un imprenditore leader nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili: sole e vento. I sequestri di stamattina, scattati in Sicilia ma anche in Lombardia, Lazio e Calabria, sono scaturiti in seguito a lunghe indagini economico-finanziarie volte a stabilire se la posizione di vertice conquistata da Nicastri sia stata acquisita in

contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata

o meno.

Secondo la Dia è andata più o meno così:

La vicinanza del Nicastri ai più noti esponenti mafiosi ha favorito la sua trasformazione da elettricista a imprenditore specializzato nello sviluppo di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, facendogli assumere una posizione di rilievo nelle regioni del Meridione.

43 società italiane, 98 beni immobili, 7 beni mobili (auto, moto e barche), 66 disponibilità finanziarie, relazioni tumultuose con società lussemburghesi, danesi, spagnole, rapporti d’affari con Salvatore e Sandro Lo Piccolo (riscontrabili nei i numerosi pizzini ritrovati all’arresto dei due, nel novembre 2007) e, presume la Dia, persino con il superboss latitante Matteo Messina Denaro, considerato l’erede del potere detenuto da Provenzano fino al 2006.

Il lucroso affare delle centrali eoliche nel trapanese era già emerso con l’inchiesta “Eolo”, che aveva scoperchiato il vaso di Pandora degli interessi mafiosi nel settore eolico, da anni denunciati a gran voce (e spesso pesci in faccia) da Vittorio Sgarbi, ex sindaco di Salemi che da anni denuncia le infiltrazioni mafiose nell’installazione e nella gestione degli impianti eolici in Sicilia (oltre che la bruttura che rappresentano gli impianti stessi).

Una battaglia che è stata anche dell’attuale Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e che oggi è inutile bollare come provocazione: il sequestro, il più ingente della storia dell’antimafia italiana, dimostra che il problema c’è e certamente non sarà l’operazione della Dia di questa mattina a risolverlo.

Il business, poco oneroso negli investimenti ma molto goloso nei profitti, permetteva un giro di denari consistente, ed illecito, di cui però gli istituti di credito hanno sempre fatto finta di non vedere nulla: denari che circolano e danno linfa vitale alle cosche, lungimiranti nel riconoscere alla green economy un business da esplorare con largo anticipo rispetto a tutti gli altri. Nel rapporto Ecomafie 2012 Legambiente scriveva:

In questi ultimi anni gli italiani hanno ampiamente dimostrato di volere un futuro energetico rinnovabile. Il nostro paese è diventato, così, il secondo al mondo per potenza fotovoltaica installata nel 2011. […] Non poteva mancare, in questo scenario, l’interesse dei clan, pronti a cogliere e distorcere, come sempre, le nuove opportunità di business. […] Resta indispensabile tenere alta la guardia, continuando a vigilare e monitorare un settore, quello dell’innovazione energetica e della green economy, che può rappresentare la chiave di volta per garantire all’Italia una prospettiva di sviluppo davvero sostenibile.

Alle infiltrazioni mafiose vanno aggiunti i sacrosanti dubbi sui danni al territorio, dei quali abbiamo parlato più volte anche noi di Ecoblog. Il sequestro di stamattina, 1,3 miliardi di euro, dimostra che di fronte ai piccioli non si guarda in faccia a nulla: nemmeno alla propria terra.

Via | Il Mattino

A.S.

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