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Inquinamento in Cina sempre più preoccupante, si espande la nube di smog

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Una bomba ad orologeria che non si sa quando e se esploderà: la nube di smog sui cieli cinesi, una coltre fittissima che a Pechino costringe gli abitanti a chiudersi in casa (in città la visibilità è sotto i 100m), si comincia a temere possa ingrossarsi ulteriormente ed emigrare sospinta dai venti sui cieli di tutta l’Asia.

Nei periodi di stabilità atmosferica, scarsamente avvettivi (come fu in gennaio) le concentrazioni delle sostanze inquinanti nell’aria cinese hanno raggiunto picchi finora mai visti prima nel mondo: proibire i barbecue e le fritture non è bastato e nemmeno invitare le persone a chiudersi in casa.

A metà gennaio 2013, quando un robusto anticiclone stazionò sulla Cina centrale, favorendo una scarsa ventilazione con il conseguente ristagno di ingenti sostanze inquinanti nei bassi strati dell’atmosfera, gli indici sulla qualità dell’aria a Pechino erano impietosi: 755 µg/m di agenti inquinanti, quando la soglia per considerarsi in serio pericolo è tra i 300 e i 500.

Il fatto è che questo altissimo livello di inquinamento si teme possa rappresentare il nemico numero uno dell’incredibile sviluppo economico cinese: dove il comunismo si è trasformato in capitalismo spinto, dove non ha potuto nulla il dollaro americano, dove ha fallito l’euro degli albori, lo smog potrebbe essere la causa madre del crollo dell’impero economico industriale cinese.

La Cina, secondo l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) detiene il 40% delle morti da inquinamento registrate sulla Terra (dato non riconosciuto dal governo della Repubblica Popolare), ma la nuvola di inquinanti è sempre là (un giorno più fitta e un giorno un po’ meno, ma sempre presente) a sbugiardare le fasulle affermazioni dei tuttapostisti al governo di Pechino.

C’è inoltre chi non crede alle baggianate raccontate da Pechino: su tutti il Giappone, dopo che una nuvola di sostanze inquinanti partita proprio dalla Cina si è diretta verso l’arcipelago, determinando il superamento dei limiti di qualità dell’aria su molte città del Giappone centro-meridionale.

Il nuovo presidente Li Keqiang ha garantito maggiore attenzione al problema, promettendo investimenti su eolico e solare e puntando alla riduzione del 5% delle sostanze inquinanti: come inizio un po’ poco per un paese di 1,6 miliardi di abitanti. In realtà il Partito Comunista Cinese si è trovato costretto ad affrontare il tema in seno ad un dibattito interno: le pressioni dei cittadini grazie ad internet e qualche articolo smaliziato nei blog hanno reso evidente il problema a tutti.

A.S.

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