Nucleare, l’Ue propone le nuove norme di sicurezza

La Commissione Europea ha presentato quest’oggi la nuova direttiva Ue sulla sicurezza nucleare: la necessità di nuove norme sull’atomo, balzata alle cronache con il disastro di Fukushima, ha “costretto” l’Ue ad avviare alcuni stress test nelle centrali sparpagliate nel continente.

I risultati dei test, decisamente poco positivi nonostante i vizi di forma rilevati da alcune associazioni come Greenpeace, hanno portato alle nuove norme in tema di sicurezza: quale è il futuro del nucleare europeo e come verranno protette dall’invecchiamento le centrali nucleari del Vecchio Continente?

Il Commissario per l’energia Günther Oettinger ha spiegato che in primis resta la libertà di scelta dei singoli stati se adottare o meno l’energia nucleare: resta quindi intoccato uno dei temi più delicati sulla sicurezza, perchè se è vero che la libertà di scelta è la chiave per una convivenza democratica, è altrettanto vero che l’energia nucleare porta benefici energetici locali ma grossi problemi ambientali su scala internazionale. I 132 reattori presenti in Europa sono una vera e propria bomba ad orologeria su cui è seduto l’intero continente, non solo la Francia, la Germania o la Gran Bretagna (per fare qualche esempio), ed è fondamentale in tal senso garantire la sicurezza di ognuno di loro, garantendo un controllo sia comunitario che nazionale.

A tal proposito la nuova direttiva stabilisce che i controlli di sicurezza dei reattori esistenti a livello europeo saranno obbligatori ogni sei anni (oltre a quelli ogni 10 anni su scala nazionale), mentre la costruzione di nuovi impianti sarà maggiormente vincolata a requisiti tecnici più stringenti e a sistemi di sicurezza più efficaci.

Le nuove norme

Tutte le nuove centrali dovranno essere progettate e costruite in modo da garantire che in caso di fusione del nocciolo o di danneggiamento del reattore, non debbano esserci conseguenze al di fuori dello stabilimento. Ogni centrale dovrà avere un Centro d’emergenza, protetto da inondazioni, terremoti e radioattività, in cui attuare scrupolosamente le rigorose linee guida per la gestione degli incidenti.

L’obiettivo degli Stati dell’Unione è di garantire che, in caso di incidenti, il rilascio di radioattività nell’aria sia praticamente inesistente o comunque che non costituisca un pericolo per la salute.

Le nuove norme europee toccano anche il capitolo trasparenza: le singole autorità nazionali di regolamentazione e i gestori degli impianti dovranno sviluppare una strategia che dovrà come fornire un’informazione pubblica corretta sia in caso di incidente che di normale attività dell’impianto, strategia che dovrà necessariamente essere resa pubblica.

In ultimo la direttiva garantisce che le autorità nazionali di regolamentazione siano indipendenti nel loro processo decisionale e che gli interessi politici, economici o sociali non possano ignorare gli obiettivi di sicurezza.

Prima dell’entrata in vigore delle nuove regole queste dovranno passare al vaglio dei singoli Stati e dei singoli parlamenti, per poi poter diventare operative; il Parlamento e il Consiglio europeo valuteranno intanto se modificare la proposta della Commissione. Si prevede un accordo definitivo nel 2014.

Greenpeace contesta

Secondo Greenpeace le nuove norme europee però non impediranno una “Fukushima europea”. Lo ha affermato Jan Haverkamp, esperto di energia nucleare dell’associazione ambientalista:

Le nuove norme ignorano il fattore umano, il terrorismo e il sabotaggio. La pianificazione per le evacuazioni di emergenza in caso di incidenti è altrettanto inadeguata. La proposta di collaudo parziale delle centrali nucleari ogni sei anni potrebbe anche lasciare alcune parti di una centrale intatte per decenni, il che significa che potrebbero richiedersi diversi cicli di prova per alcuni elementi di un impianto da controllare, prima di far emergere il problema.
Se non altro, questa proposta dimostra che la sicurezza nucleare è un’utopia.

Il disastro di Fukushima ha inoltre dimostrato come le autorità di regolamentazione (pubbliche) e i gestori degli impianti (privati) spesso vivano attavolati allo stesso tavolo, nel classico cane che si morde la coda del “controllato che è anche controllore” (anche su questo, in Italia abbiamo fulgidi esempi).

Via | European Commission

A.S.

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