
CHONGQING, CHINA - FEBRUARY 16: (CHINA OUT) Female white rats stand in a basin at an animal laboratory of a medical school on February 16, 2008 in Chongqing Municipality, China. Over 100,000 rats and mice are used in experiments every year for pharmaceutical research in the lab, where the temperature is kept at 24 degrees centigrade. (Photo by China Photos/Getty Images)
L’Unione Europea è pronta a denunciare l’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva 63, emanata il 22 settembre 2010 e riguardante la sperimentazione animale. Il nostro Paese ha un triste primato: essere l’unico dei Paesi membri a non avere ancora recepito la direttiva sulla “protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”, a oltre tre anni dalla sua emanazione.
Nel giugno scorso era arrivata una prima ammonizione che intimava il recepimento della normativa: un’ammonizione comunque clemente visto che la scadenza per l’introduzione nel diritto nazionale italiano era stata fissata al 10 novembre 2010, mentre il limite ultimo per l’approvazione aveva scadenza al 1° gennaio 2013.
In un caso o nell’altra l’Italia è fuori da tutte le scadenza e i provvedimenti da parte della Commissione Europea potrebbero essere drastici, con tanto di denuncia del nostro Paese alla Corte di Giustizia dell’Unione. In caso di condanna il Governo italiano dovrebbe pagare 150mila euro di multa per ogni giorno di ulteriore violazione.
Il decreto legislativo che avrebbe dovuto recepire la normativa comunitaria è bloccato al Senato e il paradosso è che nella proposta di legge 587 del 2012, l’Italia ha inserito vincoli ancor più restrittivi rispetto a quelli provenienti da Bruxelles. Alcuni emendamenti contenuti nell’articolo 13 vietano ai ricercatori gli xenotrapianti, vale a dire il trapianto di organi fra specie animali diverse, e tutti quegli “esperimenti e procedure che non prevedono anestesia e analgesia”, nonché quelli effettuati su “cani, gatti e primati non umani”.
All’interno della comunità scientifica si teme che queste restrizioni possano segnare la fine di molti studi di biomedicina e farmacologia, cosa che non accadrebbe qualora l’Italia si attenesse a recepire la direttiva europea cosìn come emanata nel 2010.
E per l’Italia si profila una doppia violazione: quella della mancato recepimento e quella di avere esagerato con l’inasprimento delle norme, senza nemmeno informare la commissione Ue, come previsto dall’articolo 2 della normativa Ue. Un pastrocchio all’italiana che rischia di farci perdere tempo, denaro e anche la faccia.
Via | Ansa
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