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Rischio Vesuvio, aggiornato il piano di emergenza: 25 comuni da evacuare in caso di eruzione

L’ultimo atto da Presidente del Consiglio di Enrico Letta, poco prima di salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, è stata la firma delle nuove Disposizioni per l’aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio.

Un documento che ha ottenuto l’intesa della Conferenza unificata lo scorso 6 febbraio e che amplia a 25 il numero dei comuni della zona rossa, maggiormente interessati in caso di evacuazione in caso della ripresa dell’attività vulcanica del Grande Vecchio.

Qui il documento “Scenari e livelli d’allerta”

Le aree da sottoporre ad evacuazione cautelativa sono, infatti, sia quelle soggette ad alta probabilità di invasione di flussi piroclastici (la cosiddetta zona rossa 1) sia quelle soggette ad alta probabilità di crolli delle coperture degli edifici per importanti accumuli di materiale piroclastico (zona rossa 2).

L’area Vesuviana e vedute aeree del Vesuvio

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Al fine di salvaguardare la popolazione il documento stabilisce anche 25 gemellaggi tra i vari comuni interessati dell’area vesuviana in altrettanti in diverse regioni:

Piemonte – Portici
Valle d’Aosta – Nola
Liguria – Cercola
Lombardia – Torre del Greco; Somma Vesuviana
Province Autonome di Trento e Bolzano – Pollena Trocchia
Veneto – San Giuseppe Vesuviano; Sant’Anastasia; Pomigliano d’Arco (enclave nel territorio di Sant’Anastasia)
Friuli Venezia Giulia – Palma Campania
Emilia Romagna Ercolano
Toscana – San Giorgio a Cremano
Umbria – San Gennaro Vesuviano
Marche – Poggiomarino
Lazio – Ottaviano; Napoli (parte della circoscrizione di Barra – Ponticelli – San Giovanni a Teduccio)
Abruzzo – Terzigno
Molise – Massa di Somma
Puglia – Torre Annunziata; San Sebastiano del Vesuvio
Basilicata – Boscotrecase
Calabria – Boscoreale
Sicilia – Scafati; Trecase

Secondo quanto scritto in un comunicato della Protezione Civile l’obiettivo del piano di emergenza nazionale è quello di assicurare la mobilitazione di tutte le componenti e strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile come un’unica organizzazione volta a portare soccorso e assistenza ai cittadini.

“Con la definizione da parte del Governo della zona rossa del Vesuvio e dei gemellaggi, si stabilisce una pietra miliare per il Piano di emergenza Rischio Vesuvio: i 700mila abitanti interessati (150mila in più rispetto al precedente Piano), in caso di necessità verrebbero trasferiti nelle Regioni gemellate, sostenuti dallo Stato”

ha spiegato a Repubblica l’assessore regionale campano alla Protezione Civile, Edoardo Cosenza.

Ora il Dipartimento, d’intesa con la Regione Campania e sentita la Conferenza Unificata (intesa che dovrà essere raggiunta entro 45 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), deve dare indicazioni a componenti e strutture operative per aggiornare le pianificazioni di emergenza in caso di evacuazione della zona rossa. Per farlo, queste avranno quattro mesi di tempo.

Qui il dossier “Aggiornamento del Piano nazionale di emergenza per il Vesuvio”

Nei mesi scorsi si sono tenuti, a Napoli e in provincia, numerosi convegni ed incontri volti ad informare e a fare il punto sul rischio Vesuvio, un rischio che la comunità scientifica tende a non sottovalutare e, anzi, a proporre come urgente, perlomeno per le oltre 700mila persone che vivono nella zona rossa.

Un numero, questo, che da anche la misura del rischio altissimo che corrono gli abitanti dell’area vesuviana: molti di questi comuni infatti si sono venuti a creare in maniera semi-abusiva nel corso degli anni, fino a risalire le pendici del Vesuvio. Comuni che si trovano schiacciati tra il vulcano e le acque del golfo di Napoli, con strade fatiscenti ed infrastrutture (ne è fulgido esempio la ferrovia che porta a Napoli, la peggiore d’Italia) assolutamente inadeguate ad un’emergenza di tale portata.

A questo si somma la carenza di informazione sull’argomento: del rischio Vesuvio e delle conseguenze immediate che un’eruzione avrebbe si informa pochissimo, eccezion fatta per i convegni, quando invece sono tante le voci che chiedono di portare l’argomento fin dentro nelle scuole.

A.S.

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A.S.

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