
An oil slick on the river of Jiaozhou Bay after an oil pipeline exploded, ripping roads apart, turning cars over and sending thick black smoke billowing over the city of Qingdao, east China's Shandong province on November 23, 2013. The death toll from an oil pipeline explosion in the Chinese coastal city of Qingdao rose to 47 on November 23, according to an updated report published by local authorities. CHINA OUT AFP PHOTO (Photo credit should read STR/AFP/Getty Images)
Lo scorso 3 agosto la rottura di un bacino di decantazione di una miniera di oro e rame si è rotto rilasciando in acqua 4,5 milioni di metri cubi di metalli pesanti nell’area di Hazeltine Creek, Quesnel Lake e Lake Polley. Si tratta di arsenico, barite, calcite, fluorite, materiali radioattivi, mercurio, zolfo, cadmio, idrocarburi, introdotti dagli impianti di estrazione e lavorazione (oli e grassi), un mix letale che rischia di compromettere l’ecosistema di uno dei laghi più grandi del mondo, il Quesnel.
Undici giorni dopo l’incidente, lo scorso 14 agosto, il governo della British Columbia, di concerto con le autorità competenti e con i proprietari delle miniera, avevano dichiarato potabile l’acqua del lago e dei suoi affluenti. Una biologa marina, Alexandra Morton, ha voluto andare a fondo della questione e nelle scorse settimane si è recata sul posto con l’attrezzatura necessaria a campionare le acque, dimostrando come queste fossero contaminate da una sostanza blu.
Il contatto con questa sostanza provoca una reazione simile al tocco della medusa, seccando la pelle e provocando un forte bruciore. Valutati i risultati della ricerca il governo dello Stato ha deciso di vietare l’utilizzo delle acque del lago. Le proteste, però, continuano senza sosta: perché quello consumato in Canada è un disastro a tempo indeterminato, per alcuni il più grande della storia mineraria canadese, se non mondiale.
Anche se il divieto di potabilizzazione e di utilizzo diretto dell’acqua lacustre sembra mettere al sicuro la salute degli abitanti dell’area interessata dal disastro ambientale, in realtà i veleni sversati nelle acque lacustri potrebbero tornare entrando nella catena alimentare, per esempio quando i salmoni andranno a depositare le loro uova nella parte più profonda dei laghi oppure nel caso gli alci vadano ad abbeverarsi in una zona resa tossica dai metalli utilizzati nelle operazioni di estrazione mineraria.