A scientist examines tiger mosquitos on August 9, 2012, in Montpellier, southern France, at a laboratory of the EID center (Entente departementale pour la demoustification) which conducts research on mosquitoes. EID Med is an inter-departmental public organization in charge of the mosquito control to protect public health and environment and improve the quality of life. AFP PHOTO / PASCAL GUYOT (Photo credit should read PASCAL GUYOT/AFP/GettyImages)
Il governo della Polinesia francese ha annunciato mercoledì 15 ottobre la diffusione di un’epidemia di chikungunya: il primo caso è stato rilevato venerdì scorso e, da allora, ne sono stati identificati 59, mentre altre 200 persone sono giudicati “sospetti”. Attualmente i malati ospedalizzati sono tre; la scorsa settimana il governo aveva annunciato i primi tre malati in un comune a sud di Tahiti.
Le autorità sanitarie locali speravano di soffocare sul nascere la diffusione della malattia, attaccando il suo vettore, la zanzara, con polverizzazioni di insetticidi nei quartieri interessati dalle febbri.
Il tentativo è fallito: non solo il numero di casi è quadruplicato in cinque giorni, ma altre isole dell’arcipelago polinesiano sono state interessate dal fenomeno: Tubuai, Raiatea e Apataki. Nell’isola di Tahiti sono attualmente undici i comuni del sud e dell’est toccati dall’epidemia.
La chikungunya provoca forti febbri e dolori articolari: nei casi più acuti questi sintomi possono perdurare per mesi quando non per anni. La malattia può essere mortale per i pazienti più deboli, specialmente per le persone anziane.
Il ministero della salute ha invitato la popolazione a mobilitarsi e a prendere le dovute precauzioni per contrastare le zanzare. Il governo polinesiano ha inoltre spiegato di avere predisposto da tempo un laboratorio di isolamento con lo scopo di anticipare l’eventuale diffusione dell’ebola, un luogo che, tenuto conto della situazione creatasi a livello internazionale dopo la diffusione del virus al di fuori dei Paesi dell’Africa occidentale, non potrà essere liberato e messo a disposizione delle autorità sanitarie locali prima di 4 o 5 mesi.
Via | Le Monde
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