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Lo striscione “Eternit giustizia!” vietato allo stadio di Latina

Negli stadi italiani si è già visto di tutto, cori e striscianti inneggianti ai peggiori episodi, personaggi e gruppi politico-ideologici dell’umanità. Il contorno delle nostre partite di calcio è da anni la valvola di sfogo di frustrazioni e violenze che covano sotto la cenere della quotidianità.

Sconfitta nella sfida educativa, l’autorità ha deciso di contrastare il fenomeno con la repressione, un evidente segno di debolezza, di incapacità di agire sulla realtà se non con limitazioni che finiscono per danneggiare anche chi violento non è.

Si è creata così una burocrazia delle curve che porta a episodi come quello accaduto lo scorso week end allo Stadio Francioni di Latina dove la squadra di casa incontrava la Pro Vercelli, squadra dal passato glorioso che nel primo Novecento seppe vincere addirittura sette scudetti.

Un gruppo di tifosi della squadra ospite aveva preparato uno striscione con la scritta “Eternit Giustizia!” che per i casalesi e i “vicini” vercellesi che hanno avuto familiari o amici soffocati dal mesotelioma pleurico è qualcosa di più di un semplice slogan da stadio, è un mantra dell’identità e della condivisione di un dramma che ha segnato nel profondo le vite di tre generazioni di piemontesi.

Questo striscione non è stato esposto perché non autorizzato nei tempi previsti dalla legge. Niente da fare: la legge deve controllare e bloccare striscioni con scritte discriminatorie, offensive, volgari, sessiste o che possano provocare reazioni violente da parte delle tifoserie.

Il delegato della Questura di Latina ha applicato il regolamento precludendo l’ostensione dello striscione. Nulla da eccepire, lo dice la legge, la stessa che ha respinto le istanze delle migliaia di ammalati a causa del “polverino”.

Davide Mazzocco

Giornalista e saggista, attivo sul web dal 2000 ha collaborato con numerose testate fra cui L'Unità, Narcomafie, La Nuova Ecologia, Slow Food, Terra, Alp, Ciclismo, Sport Week, Extratorino, Suden e Cinecritica. Fra i suoi libri più noti vi sono "Propaganda Pop", "Giornalismo online", "Giornalismo digitale" e "Storia del ciclismo". Ha co-diretto il documentario "Benvenuto Mister Zimmerman".

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