UN Secretary Genreral Ban Ki-moon addresses participants of the High-Level Segment of the 20th session of the Conference of the Parties on Climate Change (COP20), and the 10th session of the Conference of the Parties serving as the Meeting of the Parties to the Kyoto Protocol (CMP10) taking place in Lima on December 10, 2014 until December 12. AFP PHOTO/CRIS BOURONCLE (Photo credit should read CRIS BOURONCLE/AFP/Getty Images)
C’è voluta una nottata di negoziati, ma alla fine la conferenza Onu sul clima che si è tenuta a Lima, in Perù, ha portato a un documento finale che è stato approvato dalle 145 delegazioni di paesi presenti all’incontro. L’accordo è stato annunciato dal ministro dell’Ambiente del Perù, Manuel Pulgar Vidal, che era presidente della conferenza di turno. Il testo partorito dovrebbe chiamarsi “Appello di Lima per l’azione per il Clima”.
Quali sono quindi gli impegni che i vari paesi si sono assunti per continuare (o iniziare) la lotta contro i cambiamenti climatici? I paesi dovranno presentare all’Onu entro il primo ottobre 2015 degli impegni quantificabili ed equi per la riduzione delle emissioni, assieme a una dettagliata informativa di quali saranno le azioni da seguire. Fondamentalmente, quindi, i paesi si impegnano a far sapere nell’ottobre dell’anno prossimo cosa intendono fare per mantenere gli impegni che sono stati precedentemente presi riguardo, soprattutto, l’abbassamento delle emissioni di gas serra. L’obiettivo ultimo è evitare che la temperatura media mondiale si alzi di altri due gradi centigradi, il che potrebbe provocare una vera e propria catastrofe.
Ma la strada per far sì che la lotta inizi davvero a prendere quota è ancora parecchio lunga: la conferenza di ieri era di fatto solo propedeutica a quella che si terrà a Parigi l’anno prossimo, dalla quale uscirà un documento che dal 2020 andrà a sostituire il protocollo di Kyoto. Come sempre, in questi casi, non solo gli impegni che sono stati presi vengono giudicati da tutti insufficienti, ma si è registrata la solita spaccatura tra i paesi industrializzati e i paesi ancora considerati in via d’industrializzazione, capitanati dalla Cina.
La spaccatura tra le due “correnti” è sempre la stessa, le nazioni in via di sviluppo non intendono sobbarcarsi gli stessi impegni dei paesi industrializzati, essendo stati questi ultimi a provocare, di fatto, l’inquinamento di cui oggi paghiamo le conseguenze. Quindi, secondo queste nazioni, sono Stati Uniti ed Europa, oggi, a dover fare fronte ai danni che hanno causato, dando la possibilità ai paesi in via di sviluppo di proseguire tranquillamente nella loro industrializzazione, così come hanno potuto fare per secoli i paesi del “primo mondo”.
Negli ultimi anni, la sostenibilità è diventata un tema centrale in molti settori, compreso quello…
Decorare la propria casa è molto più che riempire spazi vuoti: è un modo per…
La necessità di migliorare le prestazioni e l’efficienza energetica delle nostre abitazioni è da tempo…
PEFC Italia, partecipa al Fuorisalone di Milano 2025 con Essenze Geometriche, un progetto curato dall’architetto…
Nonostante le politiche green siano al centro di discussioni e passibili di potenziali revisioni, l’energia…
La mobilità sostenibile è presente e futuro del settore automobilistico. La crescente consapevolezza riguardo l'impatto…