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Pragelato, il trampolino olimpico da cui nessuno salta più

Il salto con gli sci non è decisamente uno degli sport nazionali, eppure l’Italia dispone di un trampolino relativamente nuovo costruito per i Giochi Olimpici di Torino 2006 e costato la bellezza di 34,3 milioni di euro. Tanto per capire l’entità della cifra basti pensare che la ristrutturazione dello Stadio Comunale, ora Olimpico, costò 30 milioni di euro. Il trampolino di Pragelato è diventato ben presto l’emblema dello sperpero di denaro pubblico e dell’ipocrisia nell’affrontare il tema dell’utilizzo post-olimpico. Nell’avvicinamento all’appuntamento olimpico si raccontava che gli impianti avrebbero continuato ad essere utilizzati anche dopo i giochi portando ricadute positive sul territorio. Favole.

Se le Olimpiadi hanno avuto una ricaduta positiva è stata solamente sulla viabilità e sul brand di Torino, per il resto Comune e Provincia scontano ancora adesso gli anni delle vacche grasse post-olimpiche. Come? Basta farsi un giro sulle strade provinciali per capire che non ci sono più soldi per l’asfaltatura, quanto ai trampolini olimpici basti pensare che gli atleti iscritti alla Fisi, secondo il sito della federazione cui fa capo il salto con gli sci, sono appena 17 (13 nel gruppo maschile e 4 nel gruppo femminile).

Dopo l’evento olimpico la struttura è rimasta chiusa per ben sette anni, venendo riaperta solamente nel 2013. Chi si deve allenare lo fa nell’altro trampolino quello di Predazzo. Basta dare un’occhiata all’albo d’oro del campionato italiano di specialità per scoprire che anche da quando si è presentata l’opportunità di un’alternativa all’impianto della Val di Fiemme, quasi tutti i campionati italiani di specialità si sono svolti a Predazzo, eccezion fatta per i tricolori di trampolino normale femminile 2007, di trampolino grande maschile 2006 e di trampolino normale maschile 2007 e 2008 ospitati dall’impianto di Pragelato. Ciò significa che su un totale di trenta tricolori di specialità appena quattro sono stati messi in palio sul trampolino piemontese.

Per il resto l’impianto è rimasto chiuso per anni con una spesa di gestione superiore al milione di euro annuo. Al posto del vecchio bosco c’è una lingua verde di materiale sintetico sul quale far planare gli atleti che, sempre più saltuariamente si trovano a dover saltare per allenamento o nelle rarissime competizioni. Ogni impianto ha il proprio indotto e accanto al trampolino c’è il jumping hotel che ha subito lo stesso destino dell’impianto al quale è connesso, prima il sottoutilizzo, poi la chiusura.

Foto | Google Maps

Davide Mazzocco

Giornalista e saggista, attivo sul web dal 2000 ha collaborato con numerose testate fra cui L'Unità, Narcomafie, La Nuova Ecologia, Slow Food, Terra, Alp, Ciclismo, Sport Week, Extratorino, Suden e Cinecritica. Fra i suoi libri più noti vi sono "Propaganda Pop", "Giornalismo online", "Giornalismo digitale" e "Storia del ciclismo". Ha co-diretto il documentario "Benvenuto Mister Zimmerman".

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