This picture taken on March 1, 2017 shows impounded bicycles from the bike-sharing schemes Mobike and Ofo in Shanghai. Shanghai has impounded thousands of brightly coloured bikes placed on city streets by cycle-sharing companies, in the latest sign of impatience with an explosion of the haphazardly-parked two-wheelers. / AFP PHOTO / Johannes EISELE (Photo credit should read JOHANNES EISELE/AFP/Getty Images)
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Il rapporto tra popolazione cinese e biciclette è, nello stereotipo e in larga parte nella realtà, un rapporto simbiotico: ogni giorno centinaia di milioni di cinesi si spostano utilizzando la bicicletta, di proprietà o condivisa. Secondo quanto riportato di recente dal Financial Times di questi tempi in Cina si assiste ad un vero e proprio boom per quanto riguarda il bike-sharing che, da quando ha cominciato a diffondersi, ha portato su strada oltre 2 milioni di nuove biciclette che, a differenza dei sistemi di sharing economy delle due ruote diffusi nel resto del mondo, possono essere tranquillamente lasciate ovunque e non obbligatoriamente negli appositi stalli.
Un motivo, questo, di enorme stress per le autorità locali.
Oggi colossi del bike-sharing cinese come Mobike e Ofo producono biciclette coloratissime e dalla linea semplice ed accattivante che vengono sbloccate dagli utenti tramite un app sul proprio smartphone, software in grado di leggere il QRcode di cui è dotata ogni bicicletta per lo sblocco e l’utilizzo. Ogni bicicletta può essere tranquillamente abbandonata in un qualsiasi punto delle megalopoli cinesi, non necessariamente nei classici stalli, l’utente segnala la fine del servizio sempre tramite smartphone e il mezzo diventa disponibile per chiunque altro ne abbia necessità. Ma questo sta creando non pochi problemi alle autorità: secondo un rapporto pubblicato sul quotidiano del partito comunista cinese l’autorità di trasporto locale di Shanghai avrebbe ordinato a sei società di bike-sharing di aumentare le infrastrutture (gli stalli) e di smetterla di immettere nuove biciclette nel proprio circuito ma, fino ad oggi, questo monito sembra essere stato disatteso.
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Solo negli ultimi sei mesi del 2016 a Shanghai sono 450.000 le nuove biciclette immesse nel circuito del bike-sharing locale: quasi una bolla economico-finanziaria, visto e considerato che per ottenere una posizione di supremazia nei confronti della concorrenza ogni attore presente in questo mercato non ha fatto altro che produrre più bici per immetterle nel proprio circuito. Una questione che ricorda, con le dovute differenze, quella di Uber in Europa. Tuttavia i cinesi sembrano in larga parte entusiasti della sharing economy a due ruote: se una parte della popolazione di Shanghai osteggia e si professa critica con il dilagare del bike-sharing un’altra parte, di estrazione economica più bassa, sembra essersi adattata perfettamente a questo boom, tanto che negli ultimi quattro mesi del 2016 le prime due aziende del settore (Mobike e Ofo) hanno aggiunto oltre 9 milioni di utenti ai propri servizi.
Questo gonfia anche la parte finanziaria delle suddette aziende: Ofo, dopo aver raggiunto una valutazione complessiva pari ad 1 miliardo di dollari, è oggi la prima azienda di bike-sharing al mondo e, come anche i concorrenti di Mobike, offre prezzi bassissimi e una libertà praticamente sconfinata ai propri utenti sull’utilizzo delle biciclette con il proprio marchio.
Secondo il Financial Times però c’è da prendere con le dovute misure questo successo incredibile, proprio perché potrebbe trattarsi nè più nè meno di una bolla del mercato. Staremo a vedere. Quello che oggi è interessante osservare è come la bicicletta si conferma essere uno dei mezzi preferiti dall’essere umano per i propri spostamenti quotidiani: una lezione che noi europei, così amanti delle auto, dovremmo imparare in fretta.
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