Grazie a strumenti di misurazione sempre più sofisticati e a supercomputer in grado di elaborare una mole di dati sempre maggiore, gli studi più recenti sui cambiamenti climatici e il conseguente scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari riportano oggi dati più accurati del passato.
E, per questo, molto più preoccupanti. L’ultimo studio pubblicato su Nature, ad esempio, mostra che l’innalzamento dei mari nel periodo 1993-2014 non è stato identico ogni anno: se nel 1993 i mari sono cresciuti di 2,2 millimetri, a livello globale, nel 2014 si è arrivati a 3,3 millimetri.
I mari cioè si innalzano ad un ritmo di molto più alto del previsto. Cosa causa l’innalzamento dei mari? In primo luogo, secondo gli scienziati, è colpa dello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia che, nel 1993, contribuiva solo per il 5% al problema mentre nel 2014 per il 25%. Lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia, quindi, negli ultimi vent’anni ha subito una fortissima accelerazione.
Come combattere l’innalzamento del livello degli oceani? Innanzitutto rallentando i cambiamenti climatici che portano al riscaldamento globale: diminuire le emissioni di gas serra climalteranti è fondamentale, è il punto di partenza. Lo si fa diminuendo l’uso di combustibili fossili e spingendo per la diffusione delle energie rinnovabili e di auto elettriche. Poi bisogna mettere in atto costose, ma ormai inevitabili, misure di contenimento dei danni. Le cosiddette politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo perché molti dei danni del global warming sono già parte delle nostre vite: i ghiacciai si sciolgono, il livello dei mari si innalza divorando le coste, la desertificazione delle aree temperate è ormai alle porte, persino in Italia dove, a causa della siccità e delle anomale ondate di caldo, si contano già danni all’agricoltura per un miliardo di euro.
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