
La pensione 7 anni prima esiste davvero: ma solo pochi sanno come funziona - www.ecoblog.it
Con l’Isopensione si può uscire dal lavoro fino a 7 anni prima, ma serve un accordo aziendale e sindacale. Ecco come funziona davvero e perché pochi la usano.
Uscire 7 anni prima rispetto all’età pensionabile, con copertura contributiva completa e senza penalizzazioni sull’assegno finale. È questa la promessa dell’Isopensione, misura introdotta con la riforma Fornero del 2012 (legge 92, articolo 4) e pensata per le imprese che intendono ridurre l’organico con un percorso concordato. Uno strumento potenzialmente potente, ma che nella pratica resta quasi inutilizzato. Il motivo è semplice: non può essere richiesto dal singolo lavoratore. A decidere è solo l’azienda, che deve sostenere interamente i costi del prepensionamento.
Inoltre, l’operazione richiede un’intesa formale con i sindacati, da firmare in sede ministeriale, e può essere attivata solo da imprese con almeno 15 dipendenti. Per questo, nonostante la possibilità di smettere di lavorare a 60 anni (con il massimo sconto oggi ammesso fino al 31 dicembre 2026), pochi lavoratori riescono a beneficiarne. Molti non ne conoscono nemmeno l’esistenza, altri la ritengono inutile perché i datori di lavoro, nella maggior parte dei casi, non vogliono o non possono permettersi di attivarla.
Come funziona davvero l’Isopensione e chi può ottenerla
L’Isopensione nasce come strumento di uscita anticipata per i lavoratori dipendenti del settore privato, in caso di eccedenze di personale. Può essere attivata solo dall’impresa, mai su iniziativa del lavoratore. In concreto, il datore di lavoro si impegna a versare mensilmente all’INPS l’importo necessario a coprire la pensione del dipendente che esce, per un periodo massimo di sette anni. L’INPS gira poi questi importi all’interessato sotto forma di assegno mensile, insieme ai contributi figurativi, utili a non far perdere nulla sulla pensione futura.
Il periodo massimo di anticipo rispetto alla pensione ordinaria è fissato normalmente in 4 anni, ma fino al 31 dicembre 2026 resta in vigore un’estensione eccezionale a 7 anni, prevista da norme transitorie. Questo consente a chi ha 60 anni di età, oppure 35 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (34 anni e 10 mesi per le donne), di accedere in anticipo alla pensione anticipata. Dopo il 2026, salvo proroghe, si tornerà al limite dei 4 anni.

La misura diventa praticabile solo se c’è un accordo sindacale in sede istituzionale, dove l’azienda individua i nominativi dei lavoratori coinvolti. I dipendenti possono poi aderire o rifiutare la proposta, ma non possono avanzarla autonomamente. La complessità burocratica e il costo interamente a carico dell’impresa (nonostante sia l’INPS a erogare materialmente l’assegno) ne hanno limitato drasticamente l’utilizzo in questi anni.
Perché viene usata poco e cosa cambia dopo il 2026
Nonostante le potenzialità evidenti, l’Isopensione viene attivata solo in presenza di precise condizioni aziendali. Non è raro che un lavoratore ne faccia richiesta al proprio datore di lavoro e riceva una risposta negativa. Nessuna legge obbliga l’impresa ad adottare lo strumento, e pochi imprenditori sono disposti ad accollarsi il costo intero di sette anni di stipendio, seppur in forma di assegno mensile gestito dall’INPS.
Il risultato è che l’Isopensione non è affatto un diritto soggettivo, ma una facoltà aziendale. L’opportunità resta dunque limitata ad alcune grandi aziende o realtà in fase di ristrutturazione del personale. In passato, casi noti di applicazione si sono avuti nel settore bancario e in alcune multinazionali. Ma per la maggioranza dei lavoratori, si tratta di un’opzione che resta fuori portata, anche quando avrebbero i requisiti per potervi accedere.
Chi oggi ha 60 anni e vuole sapere se può andare in pensione con 7 anni di anticipo grazie all’Isopensione, deve prima di tutto verificare se la propria azienda è interessata ad attivare la procedura, se è disposto a sostenere l’onere e se esiste un accordo sindacale aperto. In assenza di questi elementi, nessuna domanda individuale può sbloccare l’opzione.
Dal 1° gennaio 2027, salvo nuovi interventi normativi, il vantaggio si ridurrà drasticamente: si potrà anticipare l’uscita solo di 4 anni, rendendo il meccanismo ancora meno conveniente per le imprese. L’Isopensione, dunque, rimane uno strumento utile sulla carta, ma condizionato da fattori economici e strategici che ne limitano l’applicazione nella realtà lavorativa italiana.