
L’aggiornamento dell’età pensionabile nel 2027 e le implicazioni (www.ecoblog.it)
Nel panorama previdenziale italiano si prospetta un possibile aumento dell’età pensionabile a partire dal 2027.
Tale modifica potrebbe comportare una riduzione di tre mesi nell’effettivo periodo di percezione della pensione per alcuni lavoratori, in particolare quelli coinvolti in specifici strumenti di prepensionamento. Tuttavia, il governo sembra orientato a evitare questo incremento, pur non essendo ancora stata presa una decisione definitiva.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, l’aspettativa di vita post-pandemia è aumentata di sette mesi, un incremento che, depurato dai quattro mesi persi durante l’emergenza sanitaria, porta a un rialzo netto della soglia pensionabile di tre mesi previsto per gennaio 2027. Questo aggiornamento biennale, tuttavia, è oggetto di discussione da parte dell’esecutivo, che sta valutando interventi per neutralizzare l’aumento.
Il problema principale riguarda la possibilità che, qualora l’innalzamento non venga bloccato, alcuni lavoratori si trovino a dover attendere tre mesi in più per accedere alla pensione, con conseguenze economiche significative. Tra questi, un caso emblematico è quello degli utilizzatori dell’Ape sociale, una misura di anticipo pensionistico rivolta a categorie di lavoratori in condizioni di disagio.
Ape sociale: cos’è e chi rischia la “finestra” senza pensione
L’Ape sociale è un’indennità erogata dall’INPS a lavoratori che, a causa di condizioni particolari come disoccupazione, assistenza a familiari con handicap grave, invalidità civile o svolgimento di mansioni gravose, hanno diritto a un anticipo pensionistico fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Al 2025, tale età è fissata a 67 anni, ma dal 2027 potrebbe salire a 67 anni e 3 mesi.
L’Ape sociale non è una pensione ordinaria, bensì un assegno ponte che non prevede né tredicesima mensilità, né maggiorazioni familiari, né reversibilità. L’importo massimo è di 1.500 euro mensili e decade al compimento dell’età pensionabile, momento in cui si passa alla pensione di vecchiaia vera e propria.
Un interrogativo ricorrente tra i beneficiari riguarda cosa accadrebbe se l’età pensionabile aumentasse a 67 anni e 3 mesi: verranno lasciati senza reddito per tre mesi dopo la cessazione dell’Ape sociale o la misura verrà prorogata fino al nuovo requisito?
Ad oggi, non esistono norme ufficiali che disciplinino questo scenario, ma la logica e le prassi amministrative fanno ritenere che l’INPS non lascerà scoperti i titolari di Ape sociale. Più plausibile è che il diritto all’indennità venga esteso, consentendo un passaggio senza interruzioni alla pensione di vecchiaia.

Diversa è la situazione per i lavoratori coinvolti in strumenti di prepensionamento come l’Isopensione o i contratti di espansione, forme di uscita anticipata concordate tra aziende e sindacati e finanziate dall’INPS, ma sostenute economicamente dalle imprese.
Questi accordi prevedono il sostegno economico fino al compimento dei 67 anni del lavoratore. Se dal 2027 il requisito dovesse salire a 67 anni e 3 mesi, le aziende si troverebbero a dover finanziare tre mesi aggiuntivi di prepensionamento, non previsti nei patti originari. Questo potrebbe generare una situazione di “vuoto” tra la fine del sostegno aziendale e l’inizio della pensione vera e propria, lasciando i lavoratori senza reddito per tre mesi.
Tale situazione alimenta la preoccupazione per una nuova ondata di “esodati”, termine con cui si indicano coloro che rimangono scoperti tra la fine del rapporto lavorativo e l’accesso alla pensione. La platea interessata, tuttavia, è diversa rispetto a quella dell’Ape sociale.
Normativa e aggiornamenti sull’Ape sociale
L’Ape sociale è attualmente in vigore fino al 31 dicembre 2025, con la possibilità di presentare domanda per il riconoscimento delle condizioni fino al 30 novembre 2025, purché vengano rispettati i requisiti anagrafici e contributivi. Dal 1° gennaio 2024, il requisito anagrafico è di almeno 63 anni e 5 mesi, con un’anzianità contributiva che varia da 30 a 36 anni a seconda delle categorie di lavoratori e delle condizioni specifiche.
L’indennità è compatibile solo con l’attività lavorativa autonoma occasionale entro un limite di 5.000 euro lordi annui e non può essere cumulata con altri trattamenti pensionistici o di sostegno al reddito. Inoltre, l’Ape sociale decade automaticamente al raggiungimento dell’età pensionabile prevista, al momento fissata a 67 anni.