
Gettare questo oggetto comune nella spazzatura è illegale dal 2025 - ecoblog.it
Una nuova normativa italiana cambia il modo in cui smaltiamo i rifiuti tessili, con sanzioni fino a centinaia di euro per chi non rispetta le regole
Dal 1° gennaio 2025, è entrata in vigore in Italia una legge passata quasi inosservata ma che introduce un cambiamento concreto nelle abitudini di milioni di cittadini. Si tratta della normativa sui rifiuti tessili, parte di una strategia nazionale per ridurre l’impatto ambientale dell’industria della moda e promuovere il riciclo responsabile.
Da ora in poi, buttare abiti, lenzuola o altri materiali tessili nei bidoni della spazzatura è vietato, salvo rari casi legati a contaminazioni o ragioni igieniche. Chi continuerà a farlo rischia multe molto salate.
Cosa prevede la nuova legge sui rifiuti tessili
La normativa, approvata nell’ambito del piano per l’economia circolare, mira a riorganizzare completamente il sistema di gestione dei tessuti. Fino al 2024, vestiti e scarti di stoffa venivano spesso trattati come rifiuti indifferenziati, finendo in discarica. Ora, con il nuovo regolamento, le amministrazioni comunali devono predisporre punti di raccolta specifici, simili a quelli già esistenti per vetro e plastica. L’obiettivo è chiaro: ridurre il peso dell’industria tessile sull’ambiente, che secondo i dati dell’ONU rappresenta circa il 10% delle emissioni globali di CO₂ e genera milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno. Le autorità ricordano che solo i materiali contaminati o bagnati possono essere gettati nei rifiuti indifferenziati, mentre tutto il resto va consegnato nei centri autorizzati o donato.

Le amministrazioni locali, inoltre, avranno il compito di vigilare sul rispetto della legge, introducendo controlli mirati e campagne di sensibilizzazione per informare i cittadini. Chi decide di ignorare queste regole rischia una sanzione economica che può variare da 150 fino a 500 euro, a seconda del regolamento comunale. In alcune città, il conferimento errato può portare anche al rifiuto della raccolta fino alla correzione del comportamento. La legge rappresenta un passo importante nel tentativo di allinearsi agli standard europei di sostenibilità, ma impone anche una sfida logistica significativa. Molti comuni, soprattutto quelli più piccoli, stanno ancora organizzando i nuovi contenitori dedicati.
Come smaltire correttamente abiti e tessuti
Chi ha vestiti o lenzuola che non utilizza più deve ora scegliere metodi alternativi per smaltirli. Il primo passo è distinguere tra ciò che può essere riutilizzato e ciò che deve essere riciclato. Gli indumenti ancora in buone condizioni possono essere donati a enti come Croce Rossa, Caritas o Emmaüs, oppure venduti su piattaforme digitali come Vinted o Depop.
In questo modo si prolunga la vita dei capi, riducendo la produzione di nuovi tessuti e l’impatto ambientale legato alla loro lavorazione. Per i tessuti danneggiati o non più riutilizzabili, invece, esistono centri di raccolta dedicati che li destinano al riciclo industriale. Da questi materiali si possono ottenere fibre rigenerate, imbottiture o tessuti tecnici per l’edilizia e l’automotive.
Molti comuni italiani stanno collaborando con aziende del settore ambientale per creare reti di raccolta e recupero efficienti. L’obiettivo, dichiarano dal Ministero dell’Ambiente, è raggiungere entro il 2027 un tasso di riciclo dei rifiuti tessili superiore al 70%. Non a caso, questa norma arriva in un momento in cui cresce l’attenzione verso la moda sostenibile e il riuso. Anche i cittadini sono chiamati a un cambiamento culturale: smettere di considerare i vestiti vecchi come rifiuti, ma come risorse da valorizzare.
Le autorità locali invitano chiunque a informarsi sui punti di raccolta più vicini e a evitare comportamenti che potrebbero generare sanzioni. In molte città, come Milano, Roma e Torino, sono già partite campagne di sensibilizzazione e accordi con cooperative sociali per il ritiro a domicilio dei capi usati. La nuova legge segna così l’inizio di una fase di responsabilità condivisa, in cui ogni cittadino partecipa, nel proprio piccolo, a ridurre l’impatto ecologico di un settore che per anni ha ignorato le conseguenze dei suoi scarti.