Impossibile farne a meno in cucina, ma cresce il rischio di cancro: l’allarme dei medici - ecoblog.it
I fornelli a gas rilasciano benzene, sostanza cancerogena pericolosa per i bambini: lo dimostra uno studio della Stanford University.
In molte case italiane, l’odore del caffè al mattino e delle cene condivise ruota intorno a un oggetto familiare: il fornello a gas. Presente in oltre 6 milioni di abitazioni, è un simbolo della cucina domestica. Ma un’indagine della Stanford University, pubblicata di recente, lancia un allarme su cui riflettere: i fornelli a gas, specie quelli più inquinanti, sarebbero tra le fonti principali di benzene negli ambienti chiusi. Il benzene è una sostanza tossica e cancerogena, e secondo i dati raccolti, la sua presenza in casa aumenta in modo significativo il rischio oncologico nei bambini, con valori che superano anche di 16 volte la media.
Il pericolo invisibile del benzene in cucina e la vulnerabilità dei bambini
Lo studio americano ha esaminato la diffusione del benzene nei contesti domestici, concentrandosi su tre livelli di utilizzo dei fornelli. La fascia considerata più a rischio è quella dove, ogni giorno, si accendono due fuochi al mattino e quattro alla sera, abbinati all’uso del forno a 175°C. In queste condizioni, e in case prive di ventilazione, il benzene si concentra fino a raggiungere 3,35 parti per miliardo (ppb) nell’aria, ben oltre il livello consigliato di 1 ppb.

Il problema non è solo l’accensione in sé, ma la permanenza del benzene nell’aria anche ore dopo la cottura. Il composto si diffonde in tutta la casa, penetra nelle camere da letto, e l’esposizione durante il sonno, soprattutto nei più piccoli, diventa un fattore di rischio continuo. I bambini, in particolare, secondo lo studio, sviluppano una probabilità di contrarre tumori 16 volte più alta rispetto agli adulti. Una cifra che, seppur espressa in casi su un milione, preoccupa proprio per la sua incidenza relativa sul lungo periodo.
L’indagine ha rivelato che anche in situazioni di uso medio, il rischio esiste, mentre l’utilizzo sporadico è più contenuto. Ma resta la questione di fondo: il benzene non si vede, non si sente, e spesso non si sospetta neanche la sua presenza. Il 5% dei fornelli più vecchi e inquinanti è stato identificato come la fonte principale di rilascio, ma anche i modelli più recenti non sono esenti.
Ventilazione e alternative tecnologiche: le soluzioni per ridurre l’esposizione
Uno degli elementi più significativi emersi dalla ricerca riguarda la ventilazione degli ambienti. Aprire le finestre per alcune ore ogni giorno riduce del 42% l’esposizione al benzene. Se le finestre restano aperte tutta la giornata, la percentuale di riduzione sale fino al 99%. Un dato che fa riflettere su quanto il semplice ricambio d’aria incida sulla qualità dell’ambiente domestico.
Un altro strumento efficace è rappresentato dalle cappe aspiranti. Quelle progettate con un buon sistema di estrazione riescono ad abbattere la concentrazione di benzene fino a 0,21 ppb, ben al di sotto della soglia critica. Le abitazioni che non dispongono di impianti di ventilazione o cappe, invece, possono raggiungere valori che variano da 1,17 a 3,35 ppb, con un’esposizione costante che, sul lungo termine, impatta sulla salute respiratoria e oncologica di chi vi abita.
Accanto alle misure di contenimento, esistono anche soluzioni strutturali. I piani cottura a induzione o elettrici non emettono sostanze nocive nell’aria e rappresentano un’alternativa concreta per chi desidera ridurre l’impatto sulla salute e sull’ambiente. La transizione tecnologica, pur non ancora capillare, offre strumenti reali per evitare l’accumulo di agenti cancerogeni nelle zone più sensibili della casa.
Lo studio sottolinea anche un altro punto essenziale: la mancanza di consapevolezza tra i cittadini. Il benzene viene spesso associato al traffico o alle industrie, ma la fonte più vicina e quotidiana può trovarsi nella propria cucina. E se l’esposizione giornaliera avviene in ambienti chiusi, senza flusso d’aria, i rischi si moltiplicano. Non si tratta di creare allarmismi, ma di prendere atto che un’abitudine domestica consolidata può avere effetti sanitari documentati, specie nelle fasce più vulnerabili.
