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Cronaca ambientale

Politiche ambientali, i 130 grandi obiettivi europei

Sono 130 gli obiettivi ambientali per i paesi Ue nel quarantennio 2010-2050: presentato il rapporto “Verso un’economia verde in Europa”

E’ stato pubblicato quest’oggi il rapporto “Verso un economia verde in Europa” della Commissione ambiente dell’Ue, che rappresenta una panoramica dettagliata degli obiettivi fondamentali in ​​materia di politica ambientale normativa dei paesi Ue per il periodo 2010-2050.

La necessità di implementare ed allargare il settore della “green economy”, sia sotto il profilo ambientale che economico e finanziario, spinge quotidianamente la Commissione europea per l’Ambiente ad effettuare studi, a porsi obiettivi (anche ambiziosi) al fine di consegnare ai posteri un futuro che sia migliore del presente che viviamo.

Ma il concetto di green-economy, e sopratutto il come arrivare a quest’idea di sviluppo, come nasce e come vive oggi, nelle politiche ambientali dei paesi Ue? Il rapporto cerca proprio di analizzare questo, concentrandosi in particolar modo su determinati settori ambientali ed energetici: energia, gas (GHG) a effetto serra e più in generale sostanze che riducono l’ozono, la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico, le emissioni, del settore dei trasporti, di gas serra e di inquinanti atmosferici, rifiuti, acqua, consumo e produzione sostenibili (SCP), chimica, biodiversità e uso del territorio.

Questioni antiche come la rivoluzione industriale ma mai analiticamente poste come problematica lungo la strada dello sviluppo degli ultimi 200 anni, un po’ per scarsa consapevolezza un po’ proprio per mentalità indotta proprio da queste mancanze.

Basti pensare che in Italia fino a pochi anni fa, 20 o 30, l’inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque non era visto minimamente come un problema da risolvere in sede penale, ma come un semplice malcostume, cosa questa che ha ritardato non di poco la creazione di un impianto legislativo ed amministrativo, portando al punto di non ritorno in cui ci troviamo oggi in Italia.

Lo avevamo annunciato qualche mese fa qui su Ecoblog: entro la fine dell’anno l’Unione avrebbe snocciolato e certificato gli obiettivi energetici per i paesi membri della Comunità; una prima risposta sta proprio nella relazione pubblicata quest’oggi:

“Questa relazione mostra che, mentre siamo riusciti a concordare una vasta gamma di politiche per la protezione dell’ambiente, l’attuazione di queste politiche rimane una sfida. Stiamo facendo alcuni progressi verso l’obiettivo dell’UE di creare un’economia verde, ma abbiamo bisogno di mantenere la pressione alta fino al 2020 e oltre.”

ha spiegato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia europea per l’ambiente; la relazione individua nello specifico 63 obiettivi giuridicamente vincolanti e 68 non vincolanti: tra quelli vincolanti la quasi totalità, 62, scadono improrogabilmente al 2020.

Se la maggior parte di questi obiettivi può essere definita solo un passo intermedio verso una direzione già tracciata, l’abbattimento delle emissioni entro limiti giudicati sostenibili e l’autarchia energetica europea entro il 2050 basata sulla green-economy.

Il modello economico verde è dunque, oggi ne abbiamo la certezza almeno su carta, il modello scelto dall’Ue per aumentare prosperità e benessere all’interno della stessa Unione utilizzando in modo responsabile e consapevole le risorse, mantenendo e migliorando la resilienza dei sistemi naturali che sostengono la società.

La prima analisi intrapresa in tal senso dall’Unione Europea mostra chiaramente fino ad oggi ci sia occupati molto di rendere efficiente lo sfruttamento delle risorse e meno per la tutela ambientale. Una tendenza che deve andare, invece, di pari passo.

Ridurre il consumo di energia oltre il 20% entro il 2020 è il primo obiettivo non vincolante dell’Ue, reso tale proprio dalla difficoltà riscontrata, dal 1990 ad oggi, a livello normativo nei singoli paesi di costituire un impianto normativo comune.

Incrementare le “strategie di adattamento” (politiche, comunitarie ed ambientali) per incentivare così i paesi membri ad adottare linee strategiche globali (nel 2013 sono solo 16 i paesi europei che hanno raggiunto questo obiettivo, un “club” nel quale purtroppo l’Italia non figura).

Perpetrare la rotta intrapresa dal 2010 relativamente alla riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera, incrementando gli sforzi in particolare nella lotta alle polveri sottili e le nanopolveri accelerando gli sforzi per una sensibile riduzione entro il 2020.

Abbattere considerevolmente la produzione di rifiuti pro-capite (obiettivo non vincolante e, per questo motivo, fortemente a rischio per quanto riguarda l’Italia, abilissimo Gattopardo fermo al palo sul tema rifiuti negli ultimi 30 anni) e, sopratutto, portare vicino allo zero la quantità di rifiuti smaltiti in discarica: in questo senso, scrive nel rapporto l’Agenzia europea per l’Ambiente, già ridurre dai 179kg pro-capite l’anno ai 114kg pro-capite la produzione di rifiuti annuale entro il 2020 mostrerebbe sensibili miglioramenti sul tema discariche.

Cambiamenti radicali che prevedono necessariamente anche radicali modifiche alla propria mentalità: un’obiettivo, questo, vincolante a domani mattina.

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