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Il mistero dei moai, le statue “camminanti” dell’Isola di Pasqua

Per anni si è ipotizzato che i moai fossero stati determinanti nella desertificazione dell’Isola di Pasqua, la leggendaria Rapa Nui originariamente coperta di foreste. Fino a quest’estate gli archeologi avevano ipotizzato che queste statue ricavate da un unico blocco di tufo vulcanico (di altezza compresa fra i 2,5 e i 10 metri) venissero trasportate coricate e appoggiate su grandi tronchi. Di quest’ipotesi molti evidenziavano la forte valenza metaforica: secondo Paul Bahn e John Flenley, autori del libro Gli ultimi giorni di Rapa Nui, questa deforestazione era assimilabile alle spinte autodistruttive ineliminabili nell’eccessivo progresso della nostra e delle altre grandi civiltà del passato.

Quest’estate gli scienziati della California State University hanno fatto tabula rasa di questa versione dei fatti dimostrando, attraverso la pratica, la fattibilità di quanto tramandato dalla tradizione orale dell’isola ovverosia che le statue arrivassero a destinazione camminando in posizione eretta. Carl Lipo, con il suo team di lavoro, ha dimostrato che le statue (circa mille con un peso variabile fra le 74 e le 86 tonnellate) furono spostate in posizione eretta, legate a delle corde fatte dondolare in modo da poter “camminare” a piccoli passi. Per provarlo è stato realizzato un modello in scala alto tre metri e pesante quattro tonnellate. E in quaranta minuti una ventina di persone con tre funi di canapa sono riuscite a spostarlo di cento metri.

Quali sono gli indizi che hanno portato gli studiosi su questa pista? In primo luogo le statue cadute lungo la strada hanno dimostrato come non fosse possibile rialzare un moai finito incidentalmente in posizione orizzontale; secondariamente gli angoli smussati e le parti mancanti alla base delle varie statue hanno fatto intuire come i moai subissero una pressione e un attrito nella loro parte inferiore.

Foto © Getty Images

Davide Mazzocco

Giornalista e saggista, attivo sul web dal 2000 ha collaborato con numerose testate fra cui L'Unità, Narcomafie, La Nuova Ecologia, Slow Food, Terra, Alp, Ciclismo, Sport Week, Extratorino, Suden e Cinecritica. Fra i suoi libri più noti vi sono "Propaganda Pop", "Giornalismo online", "Giornalismo digitale" e "Storia del ciclismo". Ha co-diretto il documentario "Benvenuto Mister Zimmerman".

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