A volte forse ci dimentichiamo che la maggior parte dl nostro nutrimento deriva in modo diretto (vegetali) o indiretto (animali) dalla terra. Il mare dà un contributo minimo (nel nostro paese circa il 6% delle proteine) e come sappiamo è sovrasfruttato.
Per questo dobbiamo avere una cura estrema del terreno fertile, che è la nostra più grande ricchezza. Nel breve video condiviso qui sotto (ripreso a Modena durante la presentazione del libro di Legambiente Il valore del suolo) provo a spiegare cos’è l’impronta alimentare, chiamata anche foodprint e quanto vale.
Per mantenere l’attuale livello di consumi (e di spreco) a ogni italiano servono circa 3000 m² di terreno. In Italia ne coltiviamo circa 1600 m² a testa, per cui dobbiamo andare a prenderci il resto all’estero, soprattutto nelle Americhe e negli altri paesi europei.
Confidare nella terra degli altri non è una grande idea; land grabbing, aumento demografico e cambiamenti climatici nei paesi di origine potrebbero ridurne la disponibilità in tempi non lontani.
Ricordiamoci soprattutto che, una volta distrutto, il suolo impiega secoli a riformarsi e noi non mangiamo certo cemento.
Impronta alimentare: quanta terra per l’alimentazione
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