Questi animali planctonici dal corpo gelatinoso si stanno infatti rapidamente diffondendo complici la penuria di specie ittiche predatorie, condannate a morte da pratiche di pesca che stanno letteralmente distruggendo il Mediterraneo e dall’innalzamento delle temperature. Inoltre, secondo lo studio dell’Agenzia ONU, il processo in atto è un vero e proprio circolo vizioso in cui, se da una parte le urticanti meduse trovano campo libero per la proliferazione, dall’altra – alimentandosi delle larve dei pesci – impediscono alle specie marine di potersi riprendere il loro spazio. Il risultato è un mare sempre più “deserto” e sormontato, complici le correnti, da jellyfish sempre più diffuse e agguerrite. Per questo motivo, la FAO auspica che la pesca possa “ridimensionarsi”, assumere una forma “artigianale” e di piccola scala e che possa cominciare a dare tregua alle specie predatorie e di maggiori dimensioni, quali pesci spada, tonni, ecc. per concentrarsi proprio sulle meduse. L’organizzazione delle Nazioni Unite, infine, sottolinea che la fauna marina mediterranea ancora risente dall’incredibile impennata delle meduse Pelagia che si verificò nel mare Adriatico circa 30 anni fa.
Via | FAO
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