Da ieri, lunedì 22 luglio, bloccata tutta l’attività di pesca lungo l’Adriatico da Trieste a Rimini. L’iniziativa può sembrare paradossale in periodo di alta stagione, con i turisti che invadono le spiagge e con le pescherie che vengono prese d’assalto da ristoratori e consumatori.
Eppure i provvedimento è preso proprio per salvare le marinerie. Niente pesca per la barche con sistema a traino, uno stop concordato della durata di sei settimane, fino all’inizio di settembre. L’obiettivo è quello di favorire il ripopolamento dei pesci nel mare e salvare le marinerie dal collasso, in una stagione, quella 2013, iniziata con un calo del 16% nel consumo di pesce fresco (dati del primo trimestre dell’anno).
Ovviamente lo stop alla pesca fra Trieste e Rimini non vorrà dire rinunciare al pesce fresco, ma per chi risiede o si trova in quella fascia costiera solamente alle risorse ittiche a km 0. Infatti sul mercato sarà possibile trovare pesce straniero, magari congelato, oppure pesce da allevamenti nazionali o la produzione delle piccole imbarcazioni che potranno continuare a operare anche nel periodo di fermo.
Dal 5 agosto lo stop dell’attività avverrà fra Pesaro e Bari, dal 1° ottobre fra Brindisi, Ionio e Tirreno.
La situazione è critica. Il 6,3% delle famiglie italiane ha rinunciato al pesce fresco. A soffrire maggiormente è il pesce azzurro come le alici (-12%), i calamari (-14%), le cozze gli altri mitili (-12%). Una crisi della filiera ittica che mette a dura prova un settore che negli ultimi trent’anni ha già perso il 35% delle imbarcazioni e in cui lavorano 18mila addetti in meno rispetto ai primi anni Ottanta.
Via | Coldiretti
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