Parlare di mattoni “bio” può sembrare esagerazione oppure propaganda, ma in realtà si tratta di una definizione appropriata per la nuova tecnologia sviluppata da un’ azienda americana che “cresce” i mattoni con processo simile alla formazione dei coralli o delle conchiglie.
Il processo prevede la cristallizzazione della sabbia per opera di batteri; gli input sono le sostanze nutritive per i batteri, la sabbia, azoto, calcio e acqua, quest’ultima utilizzata a ciclo chiuso.
La conseguenza più importante è l’eliminazione della cottura in forno, causa significativa di emissioni di CO2. Nei paesi più poveri i mattoni sono prodotti trattando l’argilla a 2000 °C per qualche giorno. Si stima che in questo modo ogni anno vengano prodotti oltre 1200 miliardi di mattoni, con emissioni di CO2 pari a 800 milioni di tonnellate, ovvero il 10% delle emissioni di America Latina, Africa e Asia (con esclusione di Australia, Cina e Giappone).
Questo nuovo materiale potrebbe anche sostituire i mattoni di cemento, anch’essi piuttosto comuni in Africa e America Latina, eliminando un’altra fonte di gas serra: come ho rilevato altrove, ogni tonnellata di cemento genera 0,7 t di CO2.
Non ci sono ancora indicazioni sulla produttività del processo, né sull’area agricola necessaria a produrre gli zuccheri per le necessarie colture batteriche; tuttavia ritengo che avere la pazienza per aspettare il “raccolto di mattoni” potrebbe essere un buon prezzo da pagare per il futuro del pianeta.
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