Reti da pesca riciclate in nylon 6 perché nulla si perda e tutto si trasformi


Reti da pesca colorate e stipate in un capannone enorme: le ho viste a Ajdovščina dove Healthy Seas fa arrivare i carichi di reti recuperate tra l’Olanda e Belgio, Norvegia (il 60%) e ora anche dalla Slovenia. Ogni mese ne arrivano 320 tonnellate.

Accanto alle reti ci sono le balle di fluff, praticamente tappeti sminuzzati che arrivano dagli Stati Uniti, ossia altra plastica riciclabile. Questa enorme quantità di rifiuti è solo una piccolissima parte di quelli che gettiamo ogni anno in tutto il Pianeta. FAO Unep calcola, che solo per le reti da pesca, ne siano abbandonate nei mari 640 mila tonnellate ogni anno pari al 10% dei rifiuti solidi, e francamente non riesco a visualizzare una simile quantità. Ma i dati generali relativi all’inquinamento dei mari sono ancora più sconfortanti e ci raccontano di una presenza di 5 miliardi di rifiuti composto per lo più da plastiche; plastiche anche nei mari europei: 101 mila per ogni kmq. Il che porta a riflettere sulle dimensioni della pesca intensiva e sulle ricadute ambientali che ha.

Questa tragedia esplode con tutta la sua violenza visiva nelle aree del capannone Ajdovščina, mentre con altri colleghi giornalisti e blogger le abbiamo visitate: le reti da pesca sono ovunque e il loro odore acre di salsedine avvolge lo spazio. Siamo in 106 a visitare questo magazzino e poi andremo a Lubiana alla fabbrica dell’Aquafil per conoscere il processo di trasformazione in nylon 6: potere della chimica, dei solventi, degli acidi e delle proprietà dell’osmosi. Con noi anche i protagonisti di questa storia: da Healthy Seas a Aquafil a Ecnc Group e a Star Sock fino a Fonda e Nofir e sopratutto ci sono i sub che materialmente vanno a recuperare in mare le reti, come Maurizio. E’ un omone grosso e alto che assieme alla sua squadra di 8 persone ha dedicato i suoi giorni di lavoro nel pieno dell’estate a recuperare reti, perché tutto questo lavoro si basa su volontari a cui sono rimborsate le spese. Mica facile prendere le reti abbandonate in mare! Mica le trovi belle impacchettate sul fondo…spesso sono da liberare se sono impigliate in qualche relitto e le devi agganciare ai palloni sonda per tirarle su. Maurizio me ne parla con passione mentre mi spiega che sul fondo del mare oramai ci si trova di tutto e che spesso i pesci arrivano prima dei sub a prendersi le reti e le eleggono a dimora. In quel caso, mica puoi sfrattare i pesci?

Ogni rete misura 200 metri e è fatta per lo più di nylon 6 un polimero riciclabile e allora alla Aquafil azienda italiana che produce anche il nylon 6 e che ha la sua fabbrica a Lubiana, hanno iniziato 4 anni fa riusare quest’immenso tesoro sepolto sotto i mari del Pianeta con il sistema Econyl. Ci hanno messo cuore e portafoglio: 20 milioni di euro di cui 3,5 messi dal governo Sloveno e il know how che pure vale tanto delle università di Trento, Lubiana e Maribor. Poi Healthy Seas ha agganciato anche altri due colossi Norsk Fiskeriretur AS (Nofir), che recupera le reti nei mari norvegesi (da li arriva il 50% del raccolto) e la Fonda Fish Farm che invece le usa per le sue aree destinate all’acquacoltura nel Golfo di Piran.

Ma la pesca non produce solo reti adatte al riciclo, ma tanto altro materiale che può essere riciclato e le aziende più veloci nel mercato hanno iniziato a muoversi verso queste direzione.

Il filo del riciclo: dalle reti da pesca ai calzini


Il magazzino è un brulicare di attività: gli operai prendono le reti ad una ad una e le smontano, tolgono per parti che non riciclano (ma che potrebbero essere riciclate, il che è diventato il prossimo obiettivo) le accumulano, facendo attenzione a recuperare anche il più piccolo filo di nylon. Perché non ne vada perduto neanche un po’ e così sono trasferite a Lubiana. Ma per arrivare a ottenere il filo sottile, bianco e resistente si passa per un processo chimico ma non impattante nella fabbrica di Lubiana che ha 30 anni di storia alle spalle e che dal 1995 è dell’italiana Aquafil. Le reti sono depolimerizzate attraverso un processo di elettrolisi con acqua che dura tra le 12 e le 15 ore.

Dopo il trattamento con acidi si arriva a ottenere il caprolattame che viene stoccato nei silos, circa 12 mila tonnellate annue ossia l’80% di quelle 320 mila tonnellate di reti recuperate ogni anno. Segue il processo di filatura e qui l’area di lavoro ci racconta di bobine su cui il filo avvolto passa da una zona all’altra (per controllo di qualità o riparazioni) per venire poi imballato: ogni giorno 7000 delle 14 mila bobine stipate in magazzino sono spedite alle fabbriche tessili nel mondo. Il filo viene usato nelle diverse caratteristiche ( dai 10 micron per tessuti dalle varie caratteristiche: ora viene tessuto per costumi da bagno, moquette, tappeti tute da sci. Indubbiamente fa strano immaginare di avere ai piedi una rete da pesca, ma d’altronde nulla si perde e tutto si trasforma, se solo lo vogliamo.

Da un filo di rete da pesca riciclato il nylon 6 per abbigliamento e tessile


































Le reti da pesca per l’acquacoltura Fonda: si chiude il ciclo


Come chiudere allora il ciclo della pesca intensiva e evitare che seppure il mercato richieda pesce questo vada ad avere il minor impatto possibile sul Pianeta?

Irene Fonda è appassionata e vibrante mentre racconta la storia della Fonda Fish Farm a bordo della barca che ci porta a visitare la sua azienda, un pezzo di mare destinato all’acquacoltura nell’ Istria slovena nel cuore del Parco nazionale delle Saline di Pirano. Rispetto alla sostenibilità dell’itticoltura sembra esserci una unità di vedute come metodo di allevamento a patto che alcune regole siano rispettate, come gli spazi ampi in mare e l’uso di cibi naturali e vegetali.

Irene Fonda con entusiamo spiega che i mangimi usati sono biologici e controllati e che le reti da pesca recuperate in mare sono usate per costruire le aree destinate all’allevamento dei branzini. Il ciclo di vita dei pesci è rispettato fino in fondo e non si usano sostanze di alcun genere per favorirne la crescita: si attende pazientemente che il ciclo naturale sia compiuto.

Il pesce viene spedito con packaging sostenibile e riciclabile e raccolto dalla stessa Fonda Fish Farm proprio per chiudere il ciclo.





Un ciclo chiuso da completare



Il ciclo non è completamente chiuso e molti sono ancora i passaggi da migliorare. Intanto Aquafil punta a portare a casa il 100% del materiale da riciclare e dunque essere così totalmente virtuosa; un secondo passo è trovare altri partner con cui condividere investimenti, ricerca e sogni perché altrimenti diventa complicato e costoso restare virtuosi. Da dire che le reti da pesca sono completamente riciclabili anche nelle altre componenti e non solo nel filo ma serve espandere le buone pratiche. Infine, una raccomandazione come consumatori, adocchiamo le etichette dell’abbigliamento che acquistiamo e controlliamo che vi sia una componente di riciclo proprio per contribuire tutti al minor consumo possibile delle risorse naturali.

Marina Perotta

Sono giornalista professionista dal 1996 e ho iniziato a scrivere per Nuova Stagione. A 20 anni inizio la collaborazione con Il Mattino di Napoli (come si diceva una volta da abusiva) per circa 4 anni. Divento giornalista praticante a Cronache del Mezzogiorno nel 1994 sotto la direzione di Gigi Casciello e in seguito, nel 1998 lavoro come caposervzio a Napoli Sera progetto di un quotidiano del pomeriggio di Roberto Tumbarello. Continuo a lavorare per Il Mattino fino al 2001 dove mi hanno spesso chiamata come redattore di prima nomina per le coperture estive. Nel frattempo coltivo collaborazioni con varie testate tra cui Cosmopolitan con la direzione di Patrizia Pontremoli. Dal 1997 al 2001 collaboro con l'Università l'Orientale di Napoli presso cui mi sono laureata in lingua e letteratura Hindi e Cinese, come responsabile per le lingue orientali per il laboratorio linguistico, per l'insegnamento delle lingue orientali a distanza grazie all'ausilio del web.Nel 2003 approdo al CNR ITD di Palermo per seguire un corso finanziato dalla Ue sulla formazione a distanza destinata alle PMI. (la mia pubblicazione in collaborazione con il prof. Paolo Maresca) Mi occupo anche della progettazione di CD multimediali sempre destinati alla formazione sulle nuove tecnologie per l'Asmez. E' il 2004. Nel 2007 inizio la collaborazione con Blogo.it scrivendo per Ecoblog.it dove scrivo di agricoltura, energia, ambiente, rinnovabili, nucleare e di nuovi stili di vita sostenibili. Dal 2008 al 2012 lavoro in RCS come coordinatore della moderazione delle pagine di Gazzetta.it coprendo con due team sia le pagine del quotidiano on line sia la community e il forum.Coordino in telelavoro circa 80 moderatori e due distinte community. Coordino per Splinder sempre in telelavoro la comunicazione con gli utenti. Da febbraio 2012 lavoro per Blogo.it come community manager coordinando i blog dell'area lifestyle e Donna.

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