Rifiuti di Roma, la storia si ripete: nuovo commissariamento

E’ obiettivamente sconfortante lo sviluppo della drammatica vicenda dei rifiuti di Roma: il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha dato il via libera ad un nuovo commissariamento per i rifiuti, che sarà limitati “nei tempi e nei poteri del commissario”.

Il sindaco Ignazio Marino, dopo il commissariamento targato Sottile (due mandati, altrettanti per il predecessore Pecoraro e così via indietro nel tempo, fino agli anni ’90) era alla disperata ricerca di una soluzione che permettesse alla città di non affogare: senza gestire la cosa pubblica in deroga alle normative in materia di rifiuti è infatti pressocchè impossibile, almeno per questa amministrazione comunale, garantire alla cittadinanza una vivibilità minima della città.

Stesso problema anche per Nicola Zingaretti, che pochi giorni fa si era messo in scia del sindaco di Roma:

“Ci uniamo alla richiesta che il sindaco Marino ha avanzato per la nomina di un nuovo commissario con un mandato chiaro: garantire la chiusura del ciclo del Comune di Roma, insieme alla realizzazione e al funzionamento degli impianti e delle infrastrutture necessarie. Ben sapendo che con la chiusura di Malagrotta si è archiviata definitivamente l’era delle megadiscariche e si è aperta una fase completamente nuova, in cui i siti di smaltimento sussisteranno come siti piccoli, a impatto ambientale sostenibile, a sostegno della chiusura del ciclo dei rifiuti.”

Il nuovo commissario, spiegano al ministero dell’Ambiente, avrà il compito di agevolare l’attuazione delle decisioni che gli enti locali assumeranno e contemporaneamente scongiurare l’emergenza per la capitale, anche alla luce delle incertezze sul funzionamento degli impianti di trattamento di Malagrotta.

Il tentativo è di ricondurre tutte le responsabilità al monopolista Cerroni, che pure ne ha parecchie, ma la realtà è ben diversa e si può sintetizzare con una parola: incapacità.

Perpetrare negli stessi errori commessi negli ultimi 30 anni (e non solo a Roma ma anche a Napoli, a Reggio Calabria, a Palermo e via discorrendo) è un campanello d’allarme che chi ha imparato a conoscere la gestione della cosa pubblica a Roma ha imparato bene ad ascoltare: il mantra dei “limitati poteri”, della “provvisorietà”, dell'”ultima volta” rappresenta un corollario di intenti oramai assodato.

Il risultato è che negli ultimi 20 anni Roma è riuscita solo ad aggravare, giorno dopo giorno, il problema dei rifiuti: senza l’enorme buco fagocitatore di mondezza, la discarica di Malagrotta, Regione e Comune sono allo sbando, nella totale incapacità di gestire, in punta di stato di diritto, tutto il carrozzone rifiuti:

“Rilancio della programmazione e della pianificazione regionale sulla base di tre obiettivi. Sostenere attivamente la riduzione della produzione di rifiuti, anche promuovendo misure concrete oggi non previste dal piano regionale come la definizione di accordi con la grande distribuzione per la riduzione degli imballaggi, un più forte coinvolgimento e motivazione delle comunità locali, l’incentivo al compostaggio domestico e di comunità.”

diceva Zingaretti pochi giorni fa annunciando il piano rifiuti della Regione Lazio, mentre in Aula Giulio Cesare al Comune di Roma da settimane si cerca di votare l’anagrafe pubblica dei rifiuti senza riuscirci: il commissariamento avviene dunque sulla base di cifre incerte sulla quantità di rifiuti che ogni giorno Roma produce, sulle percentuali di differenziata, sulle percentuali di riciclo e riuso, sulla quantità di rifiuti che ogni impianto di TMB riesce a trattare.

Non uno “scandalo”, in verità, perchè a Roma è sempre stato così: in questo drammatico quadro istituzionale il nuovo commissario servirà agli enti locali affinchè effettuino i passaggi formali che possano dare concretezza al ciclo dei rifiuti venendo considerato come un attuatore-facilitatore delle decisioni assunte dagli enti locali.

A.S.

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