
La liquirizia fa male? - Ecoblog.it
Negli ultimi anni, la liquirizia è passata da semplice dolce tradizionale a oggetto di crescente attenzione da parte della comunità scientifica. Recentemente, un nuovo allarme è stato lanciato dagli esperti francesi, che mettono in guardia sui potenziali rischi derivanti da un consumo eccessivo di questo ingrediente, molto diffuso non solo nei dolci ma anche in vari integratori e prodotti erboristici.
Secondo le indicazioni fornite dall’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (ANSES), la liquirizia può provocare effetti negativi sulla salute se consumata in quantità elevate o in modo continuativo. Il principio attivo più rilevante contenuto nella liquirizia è la glicirrizina, una sostanza che, se assunta in eccesso, può alterare la pressione arteriosa e il metabolismo del potassio nell’organismo.
L’ANSES ha evidenziato come il consumo quotidiano di più di 100 mg di glicirrizina possa portare a ipertensione, ritenzione idrica e squilibri elettrolitici, soprattutto in soggetti vulnerabili come anziani, donne in gravidanza e persone con problemi cardiaci o renali. Questi effetti derivano dall’azione della glicirrizina che, interferendo con l’enzima 11-beta-idrossisteroide deidrogenasi di tipo 2, favorisce un aumento dei livelli di cortisolo attivo, con conseguente aumento della pressione arteriosa.
Consumo responsabile e limiti di assunzione
L’attenzione degli specialisti si concentra quindi su una maggiore consapevolezza riguardo al consumo di prodotti contenenti liquirizia. Non si tratta di demonizzare la sostanza, ma di evitarne un uso indiscriminato e non controllato. In Italia, così come in altri Paesi europei, la liquirizia è presente in molti alimenti come caramelle, bevande e liquori, ma anche in integratori a base di erbe, diffusissimi soprattutto tra chi segue regimi alimentari alternativi o cerca rimedi naturali per disturbi comuni.

Le autorità sanitarie raccomandano di limitare l’assunzione quotidiana di glicirrizina a meno di 10 mg per chilogrammo di peso corporeo, e di consultare un medico in caso di consumo regolare di prodotti a base di liquirizia, soprattutto per chi soffre di ipertensione o patologie cardiovascolari. Inoltre, è importante leggere attentamente le etichette degli alimenti e integratori, poiché la quantità di glicirrizina può variare notevolmente da prodotto a prodotto.
Tra gli effetti collaterali più comuni associati a un consumo eccessivo di liquirizia si segnalano mal di testa, gonfiore, debolezza muscolare e, nei casi più gravi, aritmie cardiache. Le donne in gravidanza sono particolarmente esposte a rischi, poiché l’alterazione elettrolitica può compromettere la salute sia della madre sia del feto.
Gli esperti sottolineano che l’uso prolungato di liquirizia senza controllo medico può portare a una condizione nota come ipokaliemia da glicirrizina, caratterizzata da bassi livelli di potassio nel sangue, che può causare gravi disturbi cardiaci e muscolari. Per questo motivo, si raccomanda di evitare prodotti concentrati o estratti di liquirizia in caso di terapie farmacologiche che influenzano la pressione o l’equilibrio elettrolitico.
Nonostante i nuovi dati di rischio, la liquirizia continua a essere un ingrediente apprezzato in molti Paesi, Italia inclusa, per il suo sapore caratteristico e le proprietà tradizionalmente attribuite. Tuttavia, la crescente attenzione degli enti regolatori indica come sia fondamentale promuovere una cultura del consumo responsabile.
In ambito nutrizionale, la liquirizia può offrire benefici se utilizzata con moderazione, come azione antinfiammatoria e lenitiva per disturbi gastrointestinali. Ma è fondamentale che consumatori e professionisti della salute siano consapevoli dei limiti e delle controindicazioni.
Nel panorama attuale, la liquirizia non è più vista soltanto come un dolce innocuo, ma come un elemento che richiede attenzione e rispetto nelle dosi e nelle modalità di assunzione. Le autorità sanitarie europee stanno lavorando per aggiornare linee guida e limiti massimi di glicirrizina nei prodotti commerciali, garantendo così una maggiore tutela per i consumatori.
Roma e molte altre città italiane si trovano quindi a dover affrontare questa nuova sfida legata a un alimento tradizionale, con l’obiettivo di bilanciare cultura gastronomica, sicurezza e salute pubblica.