
Il nuovo virus dei pipistrelli è una minaccia per l'uomo - ecoblog.it
Ricercatori cinesi hanno individuato 22 virus inediti nei pipistrelli dello Yunnan. Alcuni sono parenti stretti di patogeni letali come Hendra e Nipah: aumenta il timore di nuovi spillover.
Nella provincia dello Yunnan, in Cina, tra il 2017 e il 2021 è stata condotta un’indagine che oggi sta attirando l’attenzione di tutta la comunità scientifica internazionale. Sono stati identificati 22 nuovi virus nei reni di diverse specie di pipistrelli, alcuni dei quali raccolti nel pieno della pandemia da Covid-19. Tra questi, spiccano due nuovi henipavirus strettamente imparentati con i letali Hendra e Nipah, già noti per la loro alta mortalità negli esseri umani e negli animali. Le implicazioni sono evidenti: se questi virus riuscissero a superare la barriera di specie, potrebbero generare nuove emergenze sanitarie globali.
Virus nei reni dei pipistrelli e rischio di contaminazione
Lo studio è stato pubblicato dal Yunnan Provincial Key Laboratory for Zoonosis Control and Prevention e descrive 20 virus mai identificati prima, isolati da campioni renali. L’attenzione si è concentrata in particolare su due henipavirus, rinvenuti in esemplari che abitavano un frutteto nei pressi di alcuni insediamenti umani. Un dettaglio non secondario, perché la vicinanza tra fauna selvatica e popolazione rappresenta un punto critico per il rischio zoonotico. L’urina dei pipistrelli, infatti, può facilmente depositarsi su frutta destinata al consumo umano o entrare in contatto con animali domestici.

Il dottor Guopen Guang, autore dello studio, ha definito i nuovi virus “i parenti più prossimi finora identificati degli henipavirus patogeni”. Un’affermazione che richiama scenari già noti, come il caso del Nipah, trasmesso all’uomo attraverso frutti contaminati o fluidi animali. L’analisi dei tessuti renali ha rappresentato un approccio diverso rispetto agli studi precedenti, incentrati quasi esclusivamente su campioni fecali o salivari. Questo ha permesso di esplorare un habitat biologico finora sottovalutato ma potenzialmente decisivo nella trasmissione virale.
Il dato che emerge è chiaro: il rene potrebbe svolgere un ruolo attivo nella replicazione di agenti patogeni capaci di attraversare le barriere interspecifiche. Gli autori dello studio evidenziano come il contesto ambientale, l’alimentazione e la mobilità dei pipistrelli siano fattori che accrescono il pericolo, soprattutto in aree in cui il contatto con l’uomo è continuo e difficilmente controllabile. I virus scoperti non sono stati finora rilevati nell’uomo, ma l’assenza di evidenze cliniche non esclude la possibilità di spillover. Gli esperti chiedono maggiore attenzione nelle attività agricole e nei mercati locali dove frutta e animali selvatici si mescolano.
Biodiversità microbica e necessità di nuove forme di sorveglianza
Accanto ai virus, lo studio ha evidenziato anche la presenza di altri microrganismi inediti. Tra questi, un nuovo protozoo unicellulare, denominato Klossiella yunnanensis, e due ceppi batterici mai descritti prima, tra cui il Flavobacterium yunnanensis. Questi elementi suggeriscono un livello di biodiversità microbica nei pipistrelli molto più alto del previsto. Il quadro che emerge è quello di un microecosistema complesso, dove virus, parassiti e batteri convivono all’interno dello stesso ospite. Una dinamica che potrebbe giocare un ruolo chiave nel modo in cui le malattie emergono e si diffondono.
La scoperta pone un ulteriore interrogativo sul ruolo dei pipistrelli come serbatoio virale naturale, tema già affrontato dopo l’emergere di virus come SARS-CoV-2, Ebola e MERS. Le condizioni ambientali dello Yunnan — foreste fitte, climi umidi e presenza umana nelle aree rurali — offrono un contesto ideale per lo sviluppo e la trasmissione di nuovi agenti patogeni. E lo sappiamo: il passaggio di virus dagli animali all’uomo spesso avviene in contesti dove la biodiversità è alta e la pressione antropica aumenta.
A fronte di questi dati, i ricercatori chiedono un rafforzamento dei sistemi di sorveglianza epidemiologica, con particolare attenzione ai campionamenti biologici in tessuti poco studiati, come quelli renali. L’analisi incrociata tra virologia, microbiologia ambientale ed ecologia animale diventa essenziale per anticipare il rischio di nuove pandemie.
Un’altra raccomandazione riguarda la necessità di collaborazioni scientifiche internazionali più strette, in grado di monitorare continuamente ciò che avviene nei territori a maggiore esposizione. In particolare, viene sottolineato il bisogno di progetti di ricerca su scala globale, capaci di raccogliere, classificare e confrontare le nuove sequenze genetiche di virus emergenti, per valutarne in tempo reale il potenziale infettivo. Lo studio lancia un segnale chiaro: la prevenzione passa anche da ciò che non vediamo. Il controllo delle zoonosi non può più limitarsi alle malattie già note, ma deve spingersi oltre, verso l’esplorazione di nicchie biologiche e ambientali rimaste finora nell’ombra.