
Il fico: un frutto particolare con una struttura complessa(www.ecoblog.it)
Il mondo della botanica ci regala sempre curiosità affascinanti, e tra queste spicca il legame inscindibile tra il fico e la vespa del fico.
Il fico non è un frutto nel senso comune del termine, bensì un’infruttescenza, ovvero un insieme di piccoli frutti racchiusi in una cavità. Questa cavità, simile a una coppa, contiene al suo interno numerosi fiori molto piccoli. Dopo la fecondazione, i fiori danno origine a acheni, piccoli frutti secchi che spesso vengono scambiati per semi. La parte carnosa e dolce che consumiamo deriva dal ricettacolo ingrossato che sostiene i fiori.
Dal punto di vista nutrizionale, il fico è un alimento ricco di acqua (circa l’80%) e possiede un contenuto calorico paragonabile a quello di mele e kiwi. La buccia, commestibile, è fonte preziosa di fibre che favoriscono la regolarità intestinale e contrastano la stitichezza. Inoltre, il fico è ricco di sali minerali come potassio, calcio, magnesio e manganese, e vitamine del complesso B, in particolare la vitamina B5, fondamentale per il metabolismo energetico. Le antocianine, pigmenti che donano il caratteristico colore rosso ai fichi maturi, sono potenzialmente protettive per il sistema cardiovascolare.
Per quanto riguarda i fichi secchi, essi conservano molte proprietà dei fichi freschi, ma presentano un contenuto più elevato di zuccheri e calorie, motivo per cui è consigliabile moderarne il consumo.
La simbiosi con la vespa del fico: un miracolo della natura
L’impollinazione del fico è affidata a un insetto molto particolare, la Blastophaga psenes, una vespa di piccolissime dimensioni che si è evoluta in stretta collaborazione con il fico comune (Ficus carica). Il ciclo vitale di questo imenottero è profondamente intrecciato con quello della pianta, tanto che si parla di un rapporto specie-specifico: ogni specie di fico ha il proprio insetto impollinatore dedicato.
La femmina di Blastophaga psenes, per impollinare il fico, deve penetrare attraverso un tunnel strettissimo chiamato ostiolo, che spesso le causa la mutilazione di ali e antenne, impedendole di volare via. All’interno del fico depone le uova, ma ciò che rende unico questo processo è che sia le uova che l’insetto adulto che nasce vengono successivamente digeriti dal fiore tramite enzimi specifici. In questo modo, il fico viene impollinato senza che alcuna vespa venga ingerita viva.
I maschi, privi di ali, maturano prima delle femmine e vivono all’interno del fico, scavando gallerie e fecondando le femmine senza mai uscire alla luce del sole. Dopo aver adempiuto al loro compito muoiono all’interno del frutto. Le femmine fecondate escono dal fico e, attirate da segnali chimici prodotti da altri fichi in fioritura, volano verso nuovi frutti per deporre le uova e proseguire il ciclo.
Questo meccanismo, studiato a partire dagli anni ’20 dall’entomologo Guido Grandi presso l’Università di Napoli e poi Bologna, è uno degli esempi più sorprendenti di coevoluzione tra pianta e insetto.

La relazione tra Blastophaga psenes e il fico è fondamentale non solo per la produzione di frutti commestibili, ma per la biodiversità dell’ecosistema mediterraneo. Il fico, infatti, è stato uno dei primi frutti coltivati dall’uomo, con una storia che risale a quasi 10.000 anni fa. La sua coltivazione si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo grazie agli antichi Romani, che lo consideravano un alimento essenziale.
Tuttavia, la sopravvivenza di questo sistema biologico è minacciata dal declino degli insetti impollinatori, dovuto a cambiamenti climatici e all’uso intensivo di pesticidi. La Blastophaga psenes ha un campo di sopravvivenza termico più ristretto rispetto al fico stesso, che resiste a temperature estreme tra -20°C e +47°C, mentre la vespa sopporta da circa -9°C a +45°C. Questo limita la diffusione naturale dell’insetto e rende complessa la riproduzione sessuale del fico in ambienti non nativi. Per questo motivo, molte coltivazioni si affidano alla moltiplicazione vegetativa.
L’introduzione della vespa in aree come California, Australia e Sudafrica, dove il fico è stato coltivato per scopi alimentari, ha causato un’espansione invasiva del binomio insetto-fico, con conseguenti interventi di controllo per salvaguardare le specie autoctone.