
Pasta del supermercato, non comprarla mai se vedi questo sulla confezione - ecoblog.it
Tra etichette ingannevoli e grani di dubbia provenienza, scegliere spaghetti di qualità è sempre più difficile. Ecco cosa controllare per evitare prodotti scadenti e portare in tavola una pasta davvero sana.
Davanti a uno scaffale pieno, tra confezioni dorate, slogan in maiuscolo e “promesse di tradizione”, capire quali spaghetti portare a tavola non è così semplice. Molti marchi noti, anche se venduti in massa nei supermercati, nascondono scelte produttive poco trasparenti: grani esteri, lavorazioni veloci, trafile industriali. Tutto questo influisce sul sapore, sulla digeribilità e sulla capacità della pasta di trattenere il condimento. Acquistare senza attenzione porta spesso a cuocere un piatto che si sfalda dopo pochi minuti o resta incollato nel piatto. Eppure, con qualche verifica rapida, è possibile riconoscere i segnali giusti per evitare questi errori quotidiani.
Le scritte da leggere bene (e quelle da ignorare)
Il primo filtro è sempre l’etichetta. Frasi come “cottura in 5 minuti” o “cottura rapida” sono un campanello d’allarme: indicano che la pasta è stata essiccata in fretta ad alte temperature, una pratica che riduce porosità e sapore. Questi spaghetti cuociono subito, ma non trattengono bene i sughi, diventano molli e risultano pesanti da digerire. Un altro elemento chiave è la provenienza del grano. Se non è indicato con chiarezza, vuol dire che probabilmente si tratta di miscela da importazione. In molti casi, si tratta di grani che arrivano da paesi dove i controlli sanitari sono diversi da quelli europei. I migliori spaghetti nascono invece da grano duro 100% italiano, meglio se certificato da filiera corta.

La lista degli ingredienti deve contenere solo semola di grano duro e acqua. Se compaiono additivi, stabilizzanti o aromi, il consiglio è semplice: rimettere il pacco sullo scaffale. Anche la presenza di sale in una pasta secca dovrebbe far alzare le antenne: non è un ingrediente previsto, né necessario. Le confezioni spesso puntano sull’estetica, ma la vera qualità è scritta in piccolo. Chi cerca bene può trovare diciture come “trafila al bronzo”, “essiccazione lenta”, oppure il dettaglio delle ore di essiccazione e della temperatura usata. Se queste informazioni mancano, qualcosa da nascondere c’è quasi sempre.
Trafila, essiccazione e piccoli produttori: le scelte che fanno la differenza
Una trafila in bronzo lascia la pasta ruvida, capace di trattenere i sughi e mantenere una cottura più uniforme. È uno degli elementi che distingue le marche migliori, spesso artigianali, da quelle industriali. Le trafile in teflon, al contrario, rendono la pasta lucida, liscia e scivolosa: l’effetto è quello di spaghetti troppo perfetti esteticamente, ma senza struttura. Un altro punto decisivo è il metodo di essiccazione. Se avviene in meno di 6 ore a temperature alte, la pasta tende a rompersi, a scuocere, e perde le caratteristiche del grano. Un’essiccazione lenta — a bassa temperatura per 24-48 ore — migliora la tenuta in cottura e conserva sapore e nutrienti. I marchi che investono in questa lavorazione lo indicano spesso sulle confezioni, anche se con caratteri minuscoli.
Anche nella pasta integrale si nascondono insidie. Alcuni marchi propongono prodotti solo colorati con crusca, senza vera macinazione integrale. In quel caso si tratta di un’imitazione dell’integrale, non di un prodotto completo. Chi preferisce alternative ai classici spaghetti — come quelli di legumi, riso o mais — dovrebbe controllare che le farine siano certificate e senza contaminazioni, soprattutto per i prodotti gluten-free. Infine, il prezzo. Una pasta troppo economica (meno di 1 euro al chilo) spesso riflette una filiera costruita sul risparmio e non sulla qualità. Spendere qualcosa in più, invece, significa sostenere aziende che selezionano il grano, investono nel tempo di lavorazione e rispettano chi poi la pasta la deve mangiare. Scegliere spaghetti di qualità non è una moda né un capriccio da gourmet. È una forma di attenzione quotidiana per il gusto, la salute e la cultura alimentare. A partire da un piatto che, per molti, è ancora il simbolo di casa.