
Permessi 104: licenziamenti a tappeto, ecco cosa contestano i datori di lavoro ecoblog.it
La gestione dei permessi Legge 104 continua a essere un argomento di grande rilevanza e delicatezza, soprattutto alla luce delle recenti sentenze.
In particolare, una pronuncia emessa dal Tribunale di Bologna nel 2025 ha riacceso il dibattito sulla legittimità dei licenziamenti legati all’uso improprio di tali permessi, evidenziando le stringenti condizioni necessarie affinché un provvedimento disciplinare possa essere considerato giustificato.
La Legge 104/1992 rappresenta uno strumento fondamentale per garantire diritti e tutele ai lavoratori che assistono familiari con disabilità grave. I permessi riconosciuti dalla normativa hanno lo scopo di assicurare un sostegno concreto nella gestione quotidiana delle esigenze di cura, evitando che il dovere assistenziale comprometta il rapporto di lavoro.
Il quadro normativo della Legge 104 e la sua importanza
Tuttavia, l’ampia tutela prevista ha anche alimentato preoccupazioni e sospetti di possibili usi impropri, tanto che alcune aziende hanno intrapreso iniziative disciplinari, fino al licenziamento, nei confronti di dipendenti ritenuti colpevoli di abusi. La giurisprudenza italiana, come confermato da recenti sentenze, ribadisce però che l’adozione di provvedimenti così severi richiede prove inequivocabili, dettagliate e circostanziate.

Non basta sospettare un uso scorretto dei permessi; è necessario dimostrare un comportamento reiterato e sistematico che configuri un abuso reale. Nel caso oggetto della sentenza n. 731/2025 del Tribunale di Bologna, un dipendente è stato accusato dalla sua azienda di aver sfruttato i permessi della Legge 104 per motivi personali, anziché per assistere la madre gravemente malata. L’azienda aveva incaricato un’agenzia investigativa per raccogliere elementi probatori, che ha prodotto fotografie e pedinamenti volti a dimostrare attività del lavoratore non connesse all’assistenza.
Nonostante ciò, il giudice ha evidenziato come tali prove presentassero significative lacune. In alcune giornate il dipendente risultava irreperibile, mentre in altre era effettivamente presso l’abitazione della madre, senza che fosse possibile escludere che stesse prestando assistenza. Un episodio particolarmente rilevante è stato quello in cui il lavoratore si è recato presso un centro CAF per svolgere pratiche amministrative per conto della madre, attività chiaramente riconducibile all’utilizzo legittimo dei permessi.
Pur essendo emerse alcune criticità relative a due giornate estive in cui non è stata accertata alcuna forma di assistenza, il Tribunale ha ritenuto che tali episodi, isolati e marginali, non potessero configurare un abuso sistematico. Ha sottolineato inoltre che l’azienda stessa aveva proposto di convertire quei giorni in ferie, riconoscendo implicitamente la possibilità di una diversa interpretazione dei fatti.
Un passaggio fondamentale della sentenza riguarda la definizione di cosa si intenda per assistenza al familiare non autosufficiente nell’ambito della Legge 104. Il Tribunale ha chiarito che l’assistenza non si riduce a una presenza fisica continua, ma include anche attività indirette quali la gestione di pratiche burocratiche, la prenotazione di visite mediche o il disbrigo di commissioni necessarie per il benessere della persona assistita.