Riscaldamento a legna, scattano le nuove regole: ecco cosa fare per non incorrere in sanzioni - ecoblog.it
Camini e stufe a legna nel mirino delle nuove regole regionali: ecco dove scattano i divieti, quali impianti sono vietati e come evitare sanzioni con soluzioni sostenibili.
Negli ultimi mesi sono aumentati dubbi e fraintendimenti attorno alle nuove normative regionali sul riscaldamento domestico a legna, con notizie che, spesso, contribuiscono a creare confusione tra i cittadini. Molti temono divieti generalizzati o il rischio di dover sostituire in fretta impianti ancora funzionanti. Ma la verità è più articolata: le regole non sono uguali in tutta Italia e variano in base al luogo, all’altitudine e alla classe dell’impianto.
La situazione è particolarmente delicata per chi possiede camini tradizionali o stufe a biomassa con classificazioni basse: sono proprio questi gli impianti più colpiti dai nuovi limiti. Comprendere quali dispositivi sono effettivamente coinvolti, quando entrano in vigore i divieti e dove si applicano è il primo passo per evitare multe o interventi forzati.
Le nuove regole su camini e stufe: come cambiano in base alla regione
Le normative non vietano in modo assoluto l’utilizzo delle stufe o dei camini a legna su tutto il territorio italiano, ma introducono restrizioni localizzate. Le misure più rigide si trovano nel bacino padano, dove il problema dell’inquinamento da polveri sottili è storicamente più grave. Regioni come Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte hanno stabilito divieti progressivi, legati alla classificazione ambientale degli impianti, espressa in stelle.

In Emilia-Romagna, ad esempio, i generatori classificati fino a due stelle non possono essere usati nei comuni di pianura da ottobre ad aprile. Dal 1° ottobre 2025, il divieto si estenderà anche ai dispositivi a tre stelle, lasciando utilizzabili solo quelli a quattro o cinque stelle. Un sistema simile è già attivo in Lombardia e Piemonte, con tempistiche leggermente diverse.
Le limitazioni si concentrano nel periodo autunnale e invernale, proprio quando le condizioni atmosferiche impediscono la dispersione degli inquinanti. Tuttavia, chi non ha fonti di riscaldamento alternative può fare richiesta di deroga, dimostrando l’impossibilità tecnica o economica di sostituire l’impianto. Le richieste vanno presentate presso i Comuni o gli enti regionali competenti e devono essere corredate da documentazione specifica.
Sanzioni, alternative ecologiche e incentivi: cosa conviene sapere
Chi non si adegua rischia sanzioni economiche elevate, con multe che possono superare i 500 euro, oltre alla possibile confisca dell’impianto se considerato pericoloso o non conforme. Le autorità stanno intensificando i controlli, in particolare nei centri urbani e nelle zone più sensibili sul piano ambientale. Per evitare problemi, è consigliabile verificare il livello di classificazione del proprio impianto e, se necessario, pianificare una sostituzione.
Tra le alternative più consigliate, ci sono le caldaie a pellet di nuova generazione, dotate di certificazione ambientale a quattro o cinque stelle. Offrono alte prestazioni e basse emissioni, mantenendo l’utilizzo della biomassa, ma in modo più efficiente e sostenibile.
In alternativa, sempre più famiglie stanno scegliendo le pompe di calore: dispositivi che non bruciano combustibili ma sfruttano l’energia dell’aria o del suolo per produrre calore. Oltre a non produrre emissioni dirette, garantiscono consumi ridotti e possono essere alimentati con energia elettrica da fonti rinnovabili.
Il costo di installazione può essere significativo, ma viene ammortizzato grazie agli incentivi pubblici. Sono disponibili bonus fiscali, detrazioni fino al 65%, contributi regionali e in alcuni casi finanziamenti a fondo perduto, che riducono l’impatto economico dell’intervento. Verificare la presenza di questi incentivi nella propria area è fondamentale per scegliere la soluzione più adatta.
Il cambiamento è in atto e riguarda milioni di famiglie italiane. Non si tratta solo di una questione normativa, ma anche di salute pubblica e sostenibilità ambientale. Adattarsi in tempo significa evitare multe, risparmiare a lungo termine e contribuire a ridurre l’inquinamento atmosferico.
